Paghiamo tutti l’acqua potabile, ma non allo stesso modo. A parità di consumi, famiglie che vivono in città diverse possono avere costi differenti tra loro.. Come si spiega questa differenza? Una domanda legittima. La tariffa idrica non è uguale in tutta Italia, perché sulla cifra riportata in bolletta influiscono diverse voci di costo del servizio, che variano, in maniera anche sensibile, a livello nazionale . Stiamo parlando degli investimenti per garantire un servizio continuo e per sviluppare l’efficienza; della qualità delle infrastrutture gestite; della disponibilità dell’acqua a livello locale e delle sue caratteristiche qualitative alla fonte; delle esigenze peculiari di un territorio; e perfino delle caratteristiche del territorio servito, quali la sua olografia, estensione, densità abitativa. Caratteristiche queste ultime, spesso non considerate ma che hanno, come vedremo, una forte incidenza nel definire i costi del servizio che vengono pagati dagli utenti.
Tutti aspetti che variano notevolmente nelle diverse aree del Paese. Nella fattura, infatti, il cittadino non paga direttamente il “valore” dell’acqua (che è pubblica e gratuita), bensì i costi che vengono sostenuti per la sua gestione, da quando viene prelevata dall’ambiente al processo di potabilizzazione, fino alla distribuzione nella rete e alla depurazione dei reflui. Inoltre, occorre ricordare, non sono i gestori a stabilire autonomamente le tariffe del servizio. È l’Autorità di regolazione, l’ARERA, a fissare criteri omogenei in tutta la nazione. Tali criteri sono poi applicati localmente da Enti di Ambito territoriale, che definiscono la tariffa in base alle caratteristiche distintive della singola area.
Tutto ciò per rispettare un equilibrio tra gli oneri reali del servizio, gli investimenti previsti e gli obiettivi di qualità da raggiungere. Vediamo allora nel dettaglio 4 motivi per i quali le tariffe idriche variano a seconda del luogo di appartenenza.
1. La disponibilità e la qualità della risorsa idrica contano
Uno dei primi fattori da tenere presente è la disponibilità della risorsa in uno specifico comprensorio. Va da sé che dove c’è una maggiore presenza in natura di acqua di qualità, sarà minore il costo per il processo di potabilizzazione. In alcune parti d’Italia l’acqua utilizzata per il servizio idrico integrato non solo è abbondante e facilmente accessibile, ma è anche di qualità elevata fin dalle sue sorgenti tanto che sono sufficienti pochi trattamenti. In altre serve invece un processo complesso per l’approvvigionamento e per garantire la sicurezza per il consumo umano tramite le fasi che definiscono la potabilizzazione della risorsa.
Tra Firenze, Prato e Pistoia, la scarsità di falde acquifere, capaci di fornire quantità costanti per la numerosa popolazione presente, da una parte e l’uso prevalentemente per fini industriali, dall’altro, ha imposto nel tempo di privilegiare l’acqua prelevata dal fiume Arno per garantire l’approvvigionamento del territorio, realizzando inoltre l’invaso artificiale di Bilancino come bacino di stoccaggio per mettere al sicuro la piana dalla siccità. Una scelta che viene da lontano, dalla nascita dell’acquedotto moderno realizzato negli anni di Firenze Capitale, quando furono scartate altre ipotesi di approvvigionamento per concentrarci sulla risorsa del fiume.

2. Le caratteristiche del territorio incidono sui costi del servizio
La conformazione del territorio pesa in maniera decisa sui costi del servizio. Più un’area geografica è ampia, frastagliata, caratterizzata da molte colline o monti, e minore è la densità abitativa di un territorio, più saranno indispensabili impianti di sollevamento o di spinta e maggiori saranno le spese energetiche per trasportare l’acqua. Allo stesso tempo la popolazione presente in un determinato territorio incide profondamente nel definire il costo medio del servizio.
Un esempio per comprendere quanto affermato. Proviamo a paragonare un territorio urbano, con elevata densità abitativa e che non è caratterizzato dalla presenza di sistemi collinari o montani al suo interno con un territorio vasto, con scarsa densità abitativa, caratterizzato da case e comuni sparsi e un sistema orografico prettamente collinare che dipendono dallo stesso impianto di potabilizzazione. I costi energetici necessari per spingere la risorsa idrica nelle reti di adduzione – costi che vengono ribaltati in tariffa – saranno sicuramente minori nel primo caso, non solo in senso assoluto, ma soprattutto per costo a metro cubo della risorsa idrica erogata.

3. Tariffe più alte significano più investimenti
Uno dei principali motivi per cui il “prezzo” dell’acqua non è uguale in tutta Italia è il livello degli investimenti realizzati nel tempo per sviluppare il servizio. Gli investimenti sono, di norma e per specifica previsione legislativa, finanziati quasi esclusivamente dalla tariffa idrica che pagano tutti i cittadini. In altre parole, lì dove si spende di più per realizzare nuove infrastrutture e migliorare gli acquedotti, le fognature e gli impianti di depurazione, le tariffe tendono a essere più alte. Da questo punto di vista è riduttivo pensare alla bolletta solo come un importo da pagare. In realtà è lo strumento con cui si sostengono le infrastrutture del futuro, si migliorano i servizi e si protegge l’ambiente.
Un esempio concreto delle differenze infrastrutturali che necessitano di investimenti differenti a livello territoriale è rappresentato dalla depurazione. La direttiva europea 1991/271 ha previsto per i centri urbani con almeno 2.000 abitanti, l’introduzione di speciali trattamenti per abbattere gli inquinanti presenti nelle acque reflue, prima che gli “scarti” del consumo umano siano riversati nei fiumi e nei mari. Nel nostro Paese esistono ancora agglomerati urbani che non rispettano le regole e sono pertanto oggetto di procedure di infrazione europee con multe milionarie. Ci sono però anche buone pratiche. A Firenze, dopo decenni di investimenti finanziati dagli stessi utenti, dal 2022 il 99% degli scarichi viene depurato e all’Arno viene restituita acqua pulita.
Ugualmente, un altro dei fattori che incide sul livello degli investimenti è la disponibilità e la ridondanza di risorsa. In territori ricchi d’acqua saranno necessari minori investimenti per garantire la continuità di servizio, rispetto a territori dove, per sopperire ad aree caratterizzate da cronica penuria di risorsa, sono necessari ingenti investimenti per garantire l’approvvigionamento. Un esempio fra tutti: per collegare il Chianti fiorentino all’impianto di potabilizzazione di Firenze, e superare quindi i rischi di emergenza idrica derivanti dalle continue siccità che interessavano le colline fiorentine, Publiacqua ha speso, a partire dal 2007, più di 90 milioni di euro (controllare cifra).
4. Il costo medio del servizio non è uguale perché sulla bolletta pesa la propensione al consumo
Se i fattori precedentemente ricordati impattano sui costi del servizio che il gestore deve affrontare per garantire il servizio stesso, un fattore che incide nel determinare sulla tariffa media pagata delle utenze è il consumo di risorsa a livello locale.
Ricordando infatti che le tariffe sono decise a livello locale dalle Autorità pubbliche in base a norme nazionali e che la normativa prevede che la tariffa debba coprire integralmente i costi stessi del servizio, possiamo comprendere come differenti consumi incidono sul costo medio. Prendiamo ad esempio due gestori che abbiano gli stessi costi del servizio. La tariffa media a metro cubo pagata dal cittadino risulterà dalla semplice divisione tra costo del servizio da riconoscere al gestore e consumo totale. La tariffa media a metro cubi sarà quindi più bassa là dove i metri cubi consumati sono maggiori e, ovviamente, più alta dove i metri cubi consumati sono inferiori.
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