In Europa l’anno scorso si sono registrate le inondazioni più diffuse dell’ultimo ventennio, mentre dall’altra parte del mondo, il Brasile ha vissuto due situazioni agli antipodi: 183 vittime per le esondazioni catastrofiche nel Sud del Paese e 1,2 milioni di persone colpite dalla scarsità idrica per l’Amazzonia ancora a secco di pioggia. I cambiamenti climatici hanno reso il ciclo dell’acqua sempre più irregolare con effetti a catena sull’economia e sulla società, oscillando pericolosamente tra siccità intense e alluvioni devastanti.
A confermare la tendenza è il rapporto 2025 State of Global Water Resources dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale dell’ONU (World Meteorological Organization WMO) che ha analizzato i dati riferiti all’anno precedente, passando in rassegna le condizioni climatiche e la disponibilità idrica globale. Il dossier mette in luce l’estremizzazione dei fenomeni: si passa da periodi con piogge torrenziali e improvvise, a momenti segnati da una persistente assenza di precipitazioni.
Gli eventi estremi dal nord al sud del mondo
I numeri sono impressionanti. Negli Stati Uniti, ad esempio, la tempesta Helene ha causato 219 vittime e 79,5 miliardi di dollari di danni, mentre Texas, Oklahoma e Kansas hanno registrato 100 decessi e 5,5 miliardi di dollari di perdite a causa della siccità. L’Africa tropicale ha sperimentato piogge eccezionalmente intense, con circa 2.500 vittime e 4 milioni di sfollati, mentre l’Asia e il Pacifico sono stati colpiti da precipitazioni record e cicloni tropicali, con oltre 1.000 persone che hanno perso la vita.
“L’acqua sostiene le nostre società, alimenta le nostre economie e costituisce la base dei nostri ecosistemi – ha commentato la Segretaria generale WMO, Celeste Saulo – eppure le risorse idriche mondiali sono sottoposte a una crescente pressione e, allo stesso tempo, i fenomeni estremi legati all’acqua hanno un impatto sempre maggiore su vite e mezzi di sussistenza”.

I cambiamenti climatici e la disponibilità di acqua
Temperature in aumento, sbilanciamenti persistenti nel livello dei fiumi, perdite glaciali diffuse in tutte le regioni del globoper il terzo anno consecutivo: è la fotografia preoccupante scattata dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale. Secondo il rapporto solo un terzo dei bacini fluviali ha avuto condizioni “normali” nel 2024, segnando il sesto anno consecutivo di squilibrio evidente rispetto alla media 1991–2020. Ciò significa che due bacini su tre hanno avuto troppa o troppo poca acqua, riflettendo un ciclo idrologico sempre più instabile a causa dei cambiamenti climatici.
Deflussi molto inferiori alla norma si sono registrati ad esempio in bacini chiave del Sud America, come Amazzonia, São Francisco, Paraná e Orinoco, e nei principali corsi d’acqua in Africa meridionale. Al contrario, ampie aree dell’Africa occidentale (dal Senegal al Niger) sono state colpite da alluvioni estese, mentre in Europa centrale e in parte dell’Asia i fiumi come il Danubio, il Gange, il Godavari e l’Indo hanno superato di gran lunga i livelli medi.
Un nuovo ciclo: i cambiamenti climatici e la disponibilità di acqua
Il rapporto annuale ha inoltre analizzato la disponibilità planetaria di acqua dolce, passando in rassegna i dati forniti dai Paesi membri su flussi fluviali, bacini idrici, laghi, acque sotterranee, umidità del suolo, neve e ghiaccio. Quasi tutti i principali 75 laghi monitorati hanno registrato temperature superiori o molto superiori alla norma nel mese di luglio 2024, con conseguenze sulla qualità dell’acqua.
Anche per le acque sotterranee ci sono tendenze contrastanti: soltanto il 38% dei pozzi (su 37.406 da 47 Paesi) ha mostrato livelli normali. Se in Europa e in India le piogge hanno favorito la ricarica delle falde, in Africa, Americhe e Australia persistono gravi deficit. Allo stesso tempo, avverte il rapporto, il sovrasfruttamento delle falde continua a mettere seriamente a rischio la disponibilità futura di acqua. Secondo l’ONU, già oggi circa 3,6 miliardi di persone affrontano una disponibilità insufficiente di acqua per almeno un mese all’anno, ma la cifra potrebbe salire a oltre 5 miliardi entro il 2050.

Le possibili azioni per la resilienza idrica
Intanto dall’ultima World Water Week di Stoccolma sono emerse delle linee guida per la resilienza idrica. La strategia più efficace per preservare acqua di fronte ai cambiamenti climatici, spiegano gli esperti, consiste nell’adottare soluzioni basate sulla natura, applicate a interi bacini idrografici e adattate ai contesti locali, per proteggere le funzioni ecologiche, gestire responsabilmente il ciclo delle risorse e ripristinare le terre degradate, in collaborazione tra comunità, governi e settore privato.
Secondo un recente rapporto presentato alla COP16 dell’UNCCD, la Convenzione delle Nazioni Unite per combattere la desertificazione, ogni dollaro investito in questo campo può arrivare a generare fino a 27 dollari in miglioramento dei servizi ecosistemici e delle condizioni di vita. Altre leve cruciali, dicono gli esperti, riguardano la cooperazione internazionale e l’ulteriore sviluppo dei piani nazionali per la gestione del rischio di siccità: oggi oltre 70 Paesi si sono dotati di questi strumenti, contro appena i 3 Stati di un decennio fa.
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