Azzerare lo smaltimento dei fanghi che si generano dal trattamento di depurazione delle acque reflue è possibile, trasformando gli scarti in vere e proprie risorse. Nutrienti per fertilizzanti agricoli, combustibili naturali, bio-coloranti per tessuti o ancora materiali filtranti di alta qualità: sono solo alcune delle sostanze che, con particolari processi chimici, possono essere recuperate da questi residui. I risultati emergono dal progetto Idro.smart, promosso da Publiacqua, che ha analizzato le applicazioni pratiche e le possibili filiere di economia circolare, coinvolgendo il Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale (DICEA) dell’Università degli Studi di Firenze e il consorzio di ricerca Re-Cord (Renewable Energy Consortium for Research and Demonstration), con la collaborazione di aziende specializzate in prodotti per l’agricoltura, nuove tecnologie e composti chimici sostenibili per il settore tessile.
La ricerca, finanziata dalla Regione Toscana all’interno del programma europeo POR FESR, si è svolta dal 2020 al 2023 e ha aperto interessanti opportunità per la progettazione di infrastrutture e impianti all’avanguardia. Sono stati realizzati inoltre due prototipi: uno per il trattamento dei fanghi, l’altro per testare un innovativo sistema di depurazione basato su biomasse granulari di microrganismi.
I risultati del progetto Idro.smart
La depurazione delle acque reflue provenienti dai centri urbani permette di reimmettere nell’ambiente risorsa idrica pulita, grazie all’impiego di reattori biologici, in cui colonie di batteri degradano gli inquinanti e li trasformano in acqua, anidride carbonica e azoto molecolare. Il processo biochimico produce inoltre dei residui rappresentati da fanghi, il cui smaltimento sta provocando non poche criticità con costi quasi triplicati nel giro degli ultimi sette anni. Solo questa voce incide per oltre il 40% sulla gestione della depurazione, una spesa maggiore di quella sostenuta per i consumi energetici.
In tale contesto ha preso il via il lavoro del team multidisciplinare. “L’obiettivo era portare avanti una ricerca operativa e testare soluzioni avanzate, puntando sulla decarbonizzazione e sulla sostenibilità ambientale ed economica – spiega Francesco Tabani, responsabile servizi ambientali di Publiacqua –. I risultati del progetto Idro.smart ci dicono che le tecnologie esistono, allo stesso modo in Toscana esistono degli sbocchi commerciali dei materiali che si possono recuperare dai fanghi, per creare una filiera di economia circolare”.
Come recuperare risorse dai fanghi di depurazione
Il progetto si è concentrato in particolare su due aspetti. Il primo riguarda il trattamento dei fanghi prodotti dalla depurazione delle acque reflue per evitarne il costoso smaltimento. L’essiccazione e la successiva degradazione termica degli scarti (un processo chiamato pirolisi) permette di produrre bio-combustibili (gas e olii) e di stoccare anidride carbonica in biochar, ossia carbone vegetale.
Tramite un ulteriore trattamento chimico, chiamato lisciviazione, è possibile affinare ulteriormente la qualità del biochar ed ottenere al contempo nutrienti per i fertilizzanti agricoli (fosforo, azoto, potassio, magnesio, calcio e ferro). Il biochar così affinato può trovare molteplici impieghi (carbon sink, produzione acciaio, energia) o essere trasformato in carboni attivi che possono essere utilizzati nei filtri per trattare l’acqua. Quest’ultimo impiego, che non è stato testato nel progetto, potrebbe chiudere il ciclo della depurazione: dai residui del processo si generano i prodotti con cui l’acqua depurata può essere ulteriormente purificata per consentirne l’utilizzo a fini urbani, come per il lavaggio delle strade.
Un innovativo sistema di depurazione delle acque reflue
L’altro ramo di ricerca ha riguardato la messa a punto di un prototipo per il trattamento alternativo di depurazione rispetto a quello usato attualmente, passando dai fanghi attivi convenzionali a innovative biomasse granulari aerobiche, ossia colonie di batteri che crescono sotto forma di piccoli chicchi, densi e compatti. I vantaggi sono la maggiore concentrazione di microrganismi in minore spazio (si stima una riduzione dell’occupazione del suolo del 40%), una maggiore velocità con cui vengono degradate e fatte sedimentare le sostanze inquinanti, una riduzione dei fanghi di scarto fino al 60% in meno e un abbattimento dei costi energetici di circa un quarto.
Dal processo è possibile estrarre biochar, ma anche bio-polimeri extracellulari. Queste molecole di grandi dimensioni, secondo i test di laboratorio effettuati durante il progetto, possono essere impiegate per ottenere fertilizzanti agricoli e come componenti di tinture per tessuti, senza additivi chimici e con un ridotto consumo di acqua ed energia. “Lo studio apre nuove prospettive per il futuro – dice Francesco Tabani -. Stando all’analisi di fattibilità economica effettuata durante il progetto Idro.smart, il tempo di rientro dall’investimento iniziale per tali tecnologie non è così breve, circa 7 anni nello scenario più favorevole. Dobbiamo però considerare le ricadute ambientali positive, con la diminuzione delle emissioni di anidride carbonica e dei fanghi da smaltire, oltre alla possibilità di creare valore aggiunto da ciò che oggi consideriamo puramente un costo”.
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