Il servizio idrico integrato è un sistema complesso e articolato che consente all’acqua, resa potabile, sicura e controllata, di arrivare ai contatori delle case e, una volta utilizzata, di essere reimmessa depurata nell’ambiente. Ne fanno parte le reti dell’acquedotto e quella fognaria, che si estendono per migliaia di chilometri, oltre agli impianti di potabilizzazione e di depurazione. Per questo si parla anche di “ciclo integrato dell’acqua”. A inquadrare il servizio idrico integrato e la sua gestione è la stessa normativa italiana. Il decreto legislativo n.152 del 3 aprile 2006, che ha abrogato la precedente legge Galli, lo definisce come “costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue”.
Un servizio che “deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie”. I gestori del servizio idrico integrato si occupano dell’acquedotto, cioè delle fasi di captazione, adduzione, potabilizzazione e distribuzione delle risorse idriche per le utenze domestiche, pubbliche, commerciali, agricole e industriali. Ma gestiscono anche la fognatura, ovvero il processo di raccolta e convogliamento delle acque reflue, e la depurazione di queste ultime attraverso specifici impianti. Come previsto dal decreto legislativo 152/2006, il servizio idrico integrato è organizzato in ambiti territoriali ottimali, ovvero territori entro i quali sono organizzati i servizi pubblici integrati, come acqua e rifiuti.
Le prime fasi del servizio idrico integrato: captazione e adduzione dell’acqua
Il primo step del ciclo integrato dell’acqua gestito dal servizio idrico è quello relativo all’approvvigionamento, detto captazione. Le fonti impiegate per prelevare l’acqua dall’ambiente possono essere di superficie o sotterranee. Quelle più comunemente utilizzate sono:
• Pozzi
• Sorgenti
• Laghi
• Fiumi
• Invasi
A seconda della fonte di approvvigionamento individuata, cambiano anche le modalità di captazione. Quest’ultima avviene in corrispondenza di opere di presa. Il passaggio successivo alla captazione è quello dell’adduzione, che consente di trasferire l’acqua “captata” a un impianto di potabilizzazione.
Il processo di potabilizzazione
La potabilizzazione è il trattamento che fa sì che l’acqua sia sicura e controllata e che si possa bere. Questo processo comprende inizialmente alcuni pre-trattamenti, come la grigliatura e il dissabbiamento, finalizzati a rimuovere i corpi estranei più grossolani. In seguito, prevede dei processi (coagulazione e flocculazione) grazie ai quali le particelle presenti nel liquido si sedimentano e possono così essere separate dall’acqua, rendendola limpida. Altri composti indesiderati come i pesticidi e i solventi, che possono comunque restare presenti dopo le prime fasi, vengono eliminati grazie a filtri a carboni attivi.
Il passaggio finale – e indispensabile – della potabilizzazione è la disinfezione, che consente di eliminare, attraverso l’impiego di agenti chimici dal potere ossidante (in primis il cloro e i suoi derivati), i microrganismi patogeni. La clorazione garantisce la sicurezza a livello microbiologico di ciò che beviamo dal rubinetto, anche durante il passaggio nelle tubature della rete di distribuzione. La legge stabilisce dei valori limite per i sottoprodotti della disinfezione.
L’acqua potabile è sicura perché viene sottoposta quotidianamente a una serie di controlli di qualità in diversi punti di campionamento, sulla base di parametri microbiologici e chimici, che vengono effettuati in tutte le fasi del servizio idrico integrato. Di recente, l’etichetta dell’acqua potabile (disponibile sui siti web dei gestori) si è fatta ancora più trasparente e ulteriori 29 valori sono andati ad aggiungersi ai 18 parametri pubblicati finora per far conoscere agli utenti qualità e sicurezza della risorsa. Questi dati sono consultabili da tutti su internet (nella sezione “Intorno a te” per quanto riguarda Publiacqua).
La distribuzione dell’acqua
Dopo i trattamenti di potabilizzazione, è tempo di un’altra fase fondamentale: quella che consente all’acqua, sicura e controllata, di sgorgare direttamente dai rubinetti. Dopo essere stata trattata per diventare potabile, l’acqua viene immessa nel sistema di distribuzione, grazie a cui arriva nelle abitazioni, ma anche alle attività commerciali e industriali. La rete di distribuzione include tubazioni e allacci, che fanno sì che l’acqua potabile possa raggiungere le diverse tipologie di utenze. Per citare alcuni numeri, la rete di Publiacqua, che serve quasi 50 comuni in Toscana tra Firenze, Prato, Pistoia e Arezzo, conta complessivamente oltre 6.800 chilometri di tubature, quasi 1.500 punti di attingimento, 125 impianti di depurazione. Il tutto per un bacino servito di 1,3 milioni di persone in totale.
Il punto finale della distribuzione è il contatore, che permette di misurare il consumo della singola utenza. Dai dati oggi disponibili emerge come la dispersione della risorsa idrica nelle reti di adduzione e distribuzione rappresenti un problema rilevante per il nostro Paese. Oltre che da un rinnovo delle principali reti di adduzione e distribuzione (i cui effetti saranno però osservabili sul lungo periodo), un contributo importante contro lo spreco della risorsa idrica è quello che arriva dai processi di digitalizzazione e di distrettualizzazione, ossia porzioni di rete sottoposte a monitoraggio, su cui effettuare azioni di efficientamento. Si tratta di processi che garantiscono inoltre un controllo della pressione in rete, riducendo il rischio di rotture derivanti da sbalzi della pressione stessa.
La rete fognaria
Il gestore del servizio idrico integrato si occupa anche della fognatura, necessaria per raccogliere e smaltire in maniera rapida e continua le acque di scarico delle attività domestiche e non, dette anche “reflue”. Con questa espressione si intendono infatti quelle acque “di scarto”, la cui qualità è stata pregiudicata dall’azione dell’uomo (in attività domestiche, agricole o industriali) e che quindi non possono essere più usate così come sono, poiché contaminate da sostanze organiche e inorganiche e potenzialmente pericolose. Per questo motivo non possono essere reimmesse direttamente nell’ambiente ma necessitano di essere “ripulite” dalle sostanze inquinanti.
La fognatura comprende sia gli allacciamenti alle varie utenze, sia i collettori fognari, fino ad arrivare al depuratore. Nel monitoraggio della rete fognaria possono essere impiegate anche nuove tecnologie, come i droni, alleati tecnologici che riescono a ispezionare luoghi dove l’uomo non può giungere.
La fase finale del ciclo integrato dell’acqua: la depurazione
La depurazione consiste nel trattamento, mediante impianti ad hoc, delle acque reflue scaricate nella fognatura pubblica. La sua finalità è quella di restituire all’ambiente acqua pulita, depurata dalle sostanze inquinanti. Solitamente l’impianto di depurazione è collocato ad una pendenza più bassa, così da facilitare lo scorrimento e la raccolta delle acque.
La depurazione è un processo che comprende varie fasi. La prima consiste in una serie di trattamenti meccanici quali sollevamento delle acque, grigliatura, dissabbiatura e disoleatura. Successivamente, vengono effettuati i trattamenti più importanti, quelli che depurano le acque dalle sostanze inquinanti non visibili a occhio nudo. Le acque reflue vengono conferite in vasche dette reattori biologici, dove sono presenti dei microrganismi che si nutrono (grazie alla presenza di ossigeno) delle sostanze organiche e inorganiche inquinanti trasformandole in composti stabili come l’acqua, l’anidride carbonica e l’azoto molecolare. In sostanza, al termine del processo biochimico, l’acqua depurata e priva di fanghi rimane in superficie, mentre i fanghi si depositano sul fondo. A questo punto, l’acqua depurata può essere reimmessa nell’ambiente per chiudere il ciclo idrico.
Come viene finanziato il servizio idrico integrato?
Il servizio idrico integrato viene prevalentemente finanziato attraverso la bolletta dell’acqua, che comprende una quota fissa ( i costi generali del servizio, indipendenti dalla quantità consumata) e una quota variabile (che cambia a seconda del volume di acqua utilizzato). Dunque al gestore idrico integrato gli utenti pagano una pluralità di servizi, dal prelievo/approvvigionamento dell’acqua al processo di potabilizzazione, dai controlli di qualità alla manutenzione della rete e agli investimenti per migliorare l’efficienza. La tariffa inoltre non copre unicamente i costi di acquedotto per far arrivare un’acqua sicura e controllata direttamente nelle case, ma anche quelli per la raccolta, il collettamento delle acque reflue e per il funzionamento degli impianti di depurazione.
La tariffa del servizio idrico integrato non viene stabilita dai gestori, ma dalle Autorità competenti (Ega – Ente Governo Ambito e Arera – Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) in base a norme nazionali stabilite dalla stessa Arera. La tariffa varia sensibilmente tra i diversi ambiti territoriali per fattori connessi agli investimenti realizzati o alle caratteristiche specifiche del territorio e degli stessi ambiti. Per fare solamente un esempio, a parità di popolazione servita e di acqua distribuita, i costi di gestione sono sicuramente maggiori in ambiti territoriali che si caratterizzano per una maggiore ampiezza del territorio e minore densità di popolazione. In tali ambiti infatti saranno maggiori i chilometri di rete di distribuzione e di raccolta, così come, normalmente, il numero di impianti gestiti, sia di potabilizzazione che di depurazione (spesso anche di dimensioni minori con quindi maggiori costi unitari di gestione di minori economie di scala). La maggiore complessità infrastrutturale si riflette necessariamente in una maggiore onerosità della gestione.
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