L’utente pone la sua domanda: come pagare una bolletta, quali sono i contatti giusti, come ottenere un’agevolazione. La risposta arriva in pochi secondi ed è possibile dialogare in tempo reale, per chiedere maggiori informazioni, che sia giorno o notte fonda. E non solo in italiano. Dall’altra parte non c’è una persona in carne e ossa, ma un assistente virtuale, ossia un avatar digitale o un chatbot che grazie all’integrazione con l’intelligenza artificiale simula il linguaggio umano, fornisce risposte precise e potenzialmente può parlare in qualsiasi lingua.
Anche in Italia le imprese stanno dimostrando di apprezzare questa tecnologia innovativa, impiegandola nel campo dei servizi per gli utenti e nei contact center. Gli aggiornamenti più attuali dei software consentono di conversare con questi sistemi su specifici argomenti, come se ci si trovasse effettivamente in contatto con uno sportello di informazioni aperto al pubblico. Alle semplici chat si stanno affiancando rappresentazioni grafiche di una persona in carne e ossa, un avatar appunto, per dare un tocco umano all’interazione e “metterci la faccia”. I vantaggi sono evidenti. Il servizio è attivo sette giorni su sette e ventiquattro ore su ventiquattro, in una o in diverse lingue, e aumenta l’efficienza, risolvendo in modo automatico le questioni di routine e lasciando maggior tempo a disposizione di quelle più complesse, che invece hanno necessità di un intervento diretto di un “vero” addetto.
Assistenti digitali e avatar: lunga storia ma sviluppo recente
Con l’espressione “assistente virtuale” si intende appunto un software capace di interpretare il linguaggio naturale e – se programmato in modo opportuno – di dialogare con gli interlocutori per fornire informazioni o compiere determinate operazioni, grazie a comandi vocali oppure tramite la scrittura in una chat (in quest’ultimo caso si tende a parlare di chatbot). Lo sviluppo di avatar grafici sempre più accurati e la ricerca sull’intelligenza artificiale hanno dato un grande impulso al perfezionamento e all’impiego di queste soluzioni negli ultimi anni.
Sebbene gli studi primordiali su come far rispondere una macchina a un impulso fornito nel linguaggio dell’uomo risalgano all’inizio del secolo scorso (ad esempio il primo cane-giocattolo attivato dalla pronuncia del suo nome fu ideato addirittura nel 1911), soltanto nell’ultima dozzina di anni si è assistito a una crescita esponenziale della quantità e della qualità degli assistenti virtuali. Oggi interagiamo nel nostro quotidiano con smart speaker e smartphone, a cui poter impartire in modo semplice e diretto comandi vocali, o con chatbot collegati a siti o app di messaggistica, tramite cui dialogare su temi specifici quasi senza accorgersi che l’interlocutore, a tutti gli effetti, è una macchina.
Risultati che fino a poco tempo fa erano considerati pura fantascienza. Negli anni Sessanta, ad esempio, ELIZA, uno dei primi programmi per l’elaborazione del linguaggio umano sviluppato dal professor Joseph Weizenbaum, dava solo l’illusione di aver compreso un discorso. In pochi minuti di interazione uomo-macchina però il trucco veniva svelato: il sistema semplicemente riformulava, secondo regole preimpostate, le frasi immesse dall’utente. La strada della ricerca era ancora lunga. Per il grande pubblico, il riconoscimento vocale debuttò sui personal computer negli anni Novanta, mentre agli inizi del Duemila comparirono online i primi (efficienti) chatbot sulle piattaforme dei grandi colossi del web. Non bisogna andare però così indietro per risalire al lancio del primo assistente virtuale moderno installato su uno smartphone: il 4 ottobre 2011 nasceva Siri sull’iPhone 4S.
Il boom dell’intelligenza artificiale
Da quel momento in avanti gli assistenti virtuali hanno iniziato a fare passi da gigante e a muovere buoni numeri a livello economico, crescendo di anno in anno e aprendo nuove prospettive di applicazione, dall’ambito quotidiano a quello professionale fino alle imprese. Secondo il rapporto pubblicato a maggio 2023 dalla piattaforma di ricerche Marketsandmarkets il mercato degli assistenti virtuali arriverà nel giro di 5 anni a triplicare il suo fatturato, passando dai 5,4 miliardi di dollari del 2023 a 15,5 miliardi di dollari entro il 2028. Sempre stando all’analisi, i principali campi di impiego saranno soprattutto i contact center, con particolare attenzione all’intelligenza artificiale integrata nelle app di messaggistica e nei siti web. I recenti sviluppi tecnologici consentono poi a questi sistemi di “imparare” a conoscere gli interlocutori e a evolversi insieme a loro. Progressi che nascondono insidie per la privacy, come il Garante italiano per la protezione dei dati personali ha sottolineato a più riprese, ad esempio con lo stop al noto software ChatGPT.
Ma, con le dovute precauzioni per garantire la tutela delle informazioni dei cittadini, questa innovazione piace pure in Italia. Lo dice una ricerca che QuestIT, spin-off dell’Università di Siena specializzato in intelligenza artificiale, ha realizzato su oltre 100 aziende del nostro Paese in occasione della Giornata internazionale dei Virtual Assistant (19 maggio). Il settore maggiormente coinvolto nell’applicazione di questa tecnologia è la pubblica amministrazione (20%, in particolare nel Centro Italia dove si trova la metà delle PA che applicano queste soluzioni), seguita dal mondo finanziario (17%) e dal segmento delle utility, da sempre attente all’innovazione (14%, anche in questo caso con una prevalenza delle società del Centro Italia).
Assistenti virtuali e avatar “di casa nostra”
I casi di applicazione sul campo sono davvero tanti. Tra le realtà che hanno annunciato recentemente la sperimentazione di assistenti virtuali intelligenti, figura l’Inps, per aiutare gli utenti nelle ricerche interne al portale web e per fornire informazioni su servizi specifici offerti dall’istituto nazionale di previdenza sociale. Ci sono inoltre evoluzioni inclusive, come il primo avatar, progettato nel nostro Paese, capace di comprendere e riprodurre la lingua dei segni italiana (LIS), sfruttando la riproduzione grafica di una donna o di un uomo. È stato chiamato “Virtual Human”.
L’ultimo arrivo, nel campo delle utilities, è invece “Noa” l’assistente virtuale di Publiacqua, il gestore idrico di oltre 40 comuni tra le province di Firenze, Prato, Pistoia e Arezzo che ha deciso così di potenziare i suoi servizi digitali verso gli utenti. L’avatar di Noa, attualmente è in servizio nel totem dell’ufficio al pubblico di Firenze (via Benedetto Accolti 23/a), ma anche sotto forma di chatbot sui canali social: Facebook, Telegram, Whatsapp (al numero 339-9908222). Noa al momento risponde in italiano, ma nel futuro si potrà interfacciare in multulingua e sarà implementata sul sito aziendale, consentendo agli di effettuare le pratiche commerciali e di superare la necessità di andare all’ufficio al pubblico.
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