Troppa acqua tutta insieme o troppo poca. Da una parte piogge violente e improvvise che cadono al suolo in tempi molto limitati, provocando allagamenti, esondazioni e danni; dall’altra fiumi e laghi a secco per periodi prolungati, con contraccolpi pesanti sull’agricoltura e sull’approvvigionamento potabile. A una prima occhiata siccità e alluvioni possono sembrare manifestazioni completamente opposte che hanno ben poco da condividere, ma in realtà sono interconnesse tra loro: di fatto sono due facce della stessa medaglia, due aspetti del cambiamento climatico. Non solo. Le conseguenze del primo fenomeno possono amplificare gli esiti del secondo.
Le cronache di questi mesi, in tutto il mondo, sono piene di catastrofi: inondazioni devastanti in Libia, potenti uragani tra Messico e California, tifoni in Cina, siccità senza precedenti in Africa. Anche l’Italia è una delle zone maggiormente esposte ai disastri naturali causati dal surriscaldamento globale.
I rischi per l’Italia e per i Paesi del Mediterraneo
Lungo lo Stivale la situazione è preoccupante: guardando agli ultimi dati si nota un trend in salita per gli eventi estremi come alluvioni e siccità. Secondo l’Osservatorio Città Clima di Legambiente, nella prima metà del 2023, sono state 28 le esondazioni censite in Italia, contro le 21 registrate durante tutto l’anno scorso. Allo stesso tempo dal 2022 allo scorso luglio 21 fiumi e 10 laghi sono stati colpiti dalla siccità, dal Po al Bisenzio, dall’Ombrone al Tevere, dal lago Maggiore a quello di Massaciuccoli. Il network Italy for Climate, onlus che si occupa di cambiamento climatico, indica poi che la disponibilità di acqua nel nostro Paese è calata del 20% negli ultimi decenni e che, se non saranno intraprese azioni concrete contro il surriscaldamento globale, la risorsa idrica potrebbe scendere in breve tempo del 40%, con punte del 90% in alcune aree del Sud.
Sono due i fattori che pongono l’Italia tra i Paesi maggiormente vulnerabili. Il primo riguarda le caratteristiche morfologiche del territorio, molto fragile: il 10% della penisola, dove vive l’11,5% della popolazione, è considerato a rischio alluvione. Una percentuale che però non è omogenea a livello nazionale. Il valore più alto riguarda, con ben il 62,5% dei cittadini a rischio alluvione, l’Emilia Romagna, regione pesantemente colpita dalle esondazioni in questo 2023.
Il secondo fattore è relativo alla collocazione geografica dell’Italia e alle conseguenze del surriscaldamento globale nel Mar Mediteranneo, considerato dagli esperti un “hot spot” del cambiamento climatico. Qui l’alterazione dell’equilibrio del ciclo idrico è più evidente che altrove, anche per l’incremento di alluvioni e siccità persistenti. Secondo un rapporto dell’IPCC, il gruppo intergovernativo sul climate change dell’Onu, tra il 1850 e il 2022 la temperatura superficiale dei mari, a livello globale, è cresciuta in media di 0,88 gradi e una parte consistente di questo aumento è avvenuta di recente, dagli anni Ottanta a oggi. Nel Mediterraneo va peggio, con un 2023 che sta battendo ogni record: già lo scorso aprile la temperatura delle acque ha fatto registrare 3 gradi in più rispetto alla media storica, secondo il servizio europeo Copernicus.
I legami tra siccità, alluvioni e cambiamento climatico
Questa sorta di “febbre” marina ha ripercussioni a catena sul clima e genera un circolo vizioso, perché più l’acqua si riscalda, meno i mari riescono ad assorbire anidride carbonica, incrementando la quantità di CO2 nell’atmosfera. Di conseguenza si aggrava l’effetto serra che a sua volta fa riscaldare gli oceani. Inoltre più sale la temperatura, maggiore è l’evaporazione dai mari e dalle riserve idriche di acqua dolce, come fiumi e invasi. Un elemento quindi che influisce pure sulla siccità. Parallelamente in atmosfera si accumulano vapore acqueo ed energia (quella sviluppata dal passaggio di stato da liquido a gassoso), amplificando il rischio di fenomeni meteo violenti e improvvisi.
Allo stesso modo siccità intense e prolungate, come quelle che stiamo vivendo, giocano a favore delle alluvioni. Lunghi periodi privi di precipitazioni, infatti, riducono la capacità di assorbimento del suolo, mentre le frequenti ondate di calore e l’impennata delle temperature (che in Italia si attestano a quasi 3 gradi in più rispetto al periodo preindustriale, a fronte di una media mondiale del +1,1°) diminuiscono l’umidità del terreno: un suolo arido risulta meno ricettivo alle infiltrazioni di liquidi. A questi elementi si aggiungono l’eccessivo consumo di suolo e la manutenzione, non sempre ottimale, dei fiumi e degli argini. In una tale situazione, piogge abbondanti possono innescare pericolose alluvioni, come successo a maggio in Emilia Romagna. Grandi quantità di acqua che, oltretutto, riescono solo in parte a ricaricare le falde acquifere.
Le possibili azioni contro siccità e alluvioni
Una situazione complessa, quella legata a siccità e alluvioni, che va affrontata urgentemente in modo organico. Secondo una recente indagine del Laboratorio REF Ricerche condotta tra gli “addetti ai lavori” del servizio idrico integrato, per affrontare il problema è necessaria una strategia multidisciplinare, che preveda azioni diversificate da intraprendere in parallelo, coinvolgendo scienziati, politici e cittadini. A fronte dei mutamenti climatici, afferma l’indagine, risultano essenziali una gestione responsabile delle risorse idriche – diminuendo gli sprechi e implementando l’efficienza della rete di distribuzione – e l’adozione di politiche di adattamento e mitigazione. Servono dunque investimenti per la manutenzione delle infrastrutture e per una gestione oculata del suolo che limiti l’impatto delle inondazioni.
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