In Italia diminuisce l’acqua disponibile in natura, a causa del calo delle piogge, leggermente sotto la media degli ultimi 70 anni, e di un sensibile aumento della quota di risorsa idrica “persa” a causa dell’evapotraspirazione. È lo scenario tracciato dall’ultimo rapporto Ispra. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ha analizzato la situazione idrica durante tutto il 2023, attraverso il modello denominato BIGBANG.
Questo acronimo sta per “Bilancio Idrologico GIS Based a scala Nazionale su Griglia regolare” e consente di stimare mensilmente le varie componenti del bilancio idrologico del nostro Paese. Il dossier ha analizzato il trend annuale, confrontando i dati con i valori medi del lungo periodo (1951-2023) e del trentennio climatologico 1991-2020. I risultati della ricerca mettono in luce l’importanza di una strategia complessiva per lo stoccaggio di risorse, per la resilienza idrica e per la riduzione delle perdite, a fronte delle sfide legate al mutamento climatico.
L’acqua disponibile in Italia da anni è in costante diminuzione
Per valutare l’acqua effettivamente disponibile in Italia, sia per il consumo umano, sia per il suolo e la vegetazione, vanno presi in considerazione diversi elementi che determinano in modo diretto e indiretto la situazione idrica. A influire non è soltanto la pioggia caduta, ma anche quella che non si è infiltrata nel terreno, senza dimenticare la parte che evapora dal suolo, da fiumi, laghi, specchi d’acqua e dalla vegetazione. Quest’ultimo fenomeno è strettamente correlato ai riflessi del surriscaldamento globale.
Il dossier dell’Ispra evidenzia come, da diversi anni, in Italia si registri un costante decremento della disponibilità naturale di risorsa idrica rinnovabile, ossia la quota delle precipitazioni che rimane disponibile nell’ambiente (al netto dell’evapotraspirazione) per l’ecosistema e i diversi usi umani (agricolo, industriale, acqua potabile). Nel 2023, sebbene in ripresa rispetto al minimo storico del 2022, questa disponibilità ha fatto comunque segnare una riduzione a livello nazionale del 18,4%, se confrontata alla media annua del lungo periodo, e di quasi il 16% se si prendono in considerazione gli ultimi 30 anni. La diminuzione, spiegano gli esperti, è “l’effetto combinato di un deficit di precipitazione, specialmente nei mesi di febbraio, marzo, settembre e dicembre, e di un incremento dei volumi idrici di evaporazione dagli specchi d’acqua e dalla superficie terrestre e di evapotraspirazione dalla vegetazione”.
I dati del bilancio idrologico nazionale
Il 2023 è stato un anno dalla doppia faccia. Da gennaio a dicembre, la precipitazione totale sul territorio nazionale è stata di quasi 924 millimetri, pari a circa 280 miliardi di metri cubi, in crescita del 28,5% rispetto al 2022, annus horribilis per la grande siccità, quando si toccò il minimo storico (719 millimetri) dall’inizio delle rilevazioni del 1951. D’altro canto, le piogge sono risultate in lieve flessione rispetto alla media del lungo periodo 1951-2023 (quasi 950 millimetri). A incidere in positivo è stato in particolare il mese di maggio 2023, quando è piovuto più del doppio della media mensile, arrivando a 163 millimetri e a circa 49 miliardi di metri cubi.
Scorrendo i numeri dell’Ispra salta all’occhio il calo della capacità di trattenere acqua, aspetto potenzialmente legato a molteplici fattori: eventi meteo sempre più intensi e violenti con un terreno che non riesce ad assimilare grandi quantitativi tutti in una volta; il maggiore consumo del suolo e quindi minor superficie disponibile all’infiltrazione; l’incremento delle temperature che a cascata hanno provocato un’intensificazione dell’evaporazione. Le stime del modello BIGBANG mostrano che nel 2023 circa un quinto delle precipitazioni (19%) hanno contribuito alla ricarica delle falde acquifere, per un totale di 53 miliardi di metri cubi, contro una media degli ultimi 70 anni che si attesta al 22,7%.
Risulta in leggera contrazione la quantità di piogge che è andata “persa” perché si è trasformata in deflusso superficiale: il 23,7%, pari a circa 66 miliardi di metri cubi, non si è infiltrato nel terreno, contro una media di lungo periodo intorno al 25%. Ad ampliarsi, come detto, è l’evapotraspirazione favorita dalle temperature massime sopra la norma: durante il 2023, il 59,4% delle piogge è evaporato, contro la media di lungo periodo del 52%.
Siccità al sud, più acqua al Nord
Nonostante questo nel 2023 la siccità ha continuato a interessare a macchia di leopardo il territorio nazionale, con una situazione critica in particolare al Sud, tra la Calabria e la Sicilia, durante l’ultima parte dell’anno. La zona dove si è registrata la maggiore quantità di acqua disponibile in Italia è quella delle Alpi Orientali, poco più di 23 miliardi di metri cubi (664 millimetri), 5 volte di più della disponibilità del distretto idrico siciliano, caratterizzato dal valore minimo di precipitazioni di tutto il Paese. In terza posizione si trova invece il distretto idrografico dell’Appennino Settentrionale, in cui ricade anche la Toscana. A livello regionale, la Puglia ha fatto segnare il minimo intermini di disponibilità naturale della risorsa idrica, con 100 millimetri di precipitazioni nel 2023, quasi la metà del valore medio sul lungo periodo.
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