L’Italia è una nazione a stress idrico medio, al pari di Francia e Germania, ma a differenza di tutti gli altri Stati europei consuma la quantità maggiore di acqua: in media ogni italiano che abita nei Comuni capoluogo di provincia o di città metropolitana ne usa 236 litri al giorno, contro la media del continente di 125 litri. Una stima legata a doppio filo con i dati delle perdite della rete idrica, mentre si mantiene un grande divario tra la situazione infrastrutturale del Sud e il resto del Paese. A scattare la fotografia del settore è il Blue Book 2022, la monografia completa dei dati del Servizio idrico integrato, realizzato dalla Fondazione Utilitatis in collaborazione con Cassa Depositi e Prestiti e Istat.
Secondo l’Onu, in tutto il mondo il 29% della popolazione, ossia 2,2 miliardi di persone, non ha ancora ottenuto l’accesso all’acqua potabile e ai servizi idrici di base. Per questo è essenziale un uso responsabile della risorsa, anche in relazione ai cambiamenti climatici, affiancati a investimenti per estendere la rete idrica e rinnovarla in modo da prevenire sprechi di un bene sempre più prezioso.
Le perdite idriche in Italia, i dati del Blue Book
Uno dei punti centrali del Blue Book 2022 è proprio quello che riguarda le perdite idriche, che secondo il dossier rappresentano in media il 40% dei 2,4 miliardi di metri cubi di acqua potabile immessi nel sistema italiano durante il 2020. Su 100 litri pompati nelle tubature, 40 vanno sprecati nell’ambiente e la causa principale risiede proprio nelle infrastrutture ormai vetuste. L’obiettivo nazionale è fermarsi al 25%. Guardando le stime medie va peggio al Sud, seguito a stretto giro dalle regioni del Centro. Questa mappa però mostra un’alta variabilità geografica, a seconda del contesto urbano e delle caratteristiche morfologiche del territorio: le perdite maggiori si registrano nelle isole e nella fascia appenninica, mentre nei comuni capoluogo di provincia e di città metropolitana dove risiede circa un terzo della popolazione italiana le perdite si sono attestate al 36,2%, ossia 41 metri cubi al giorno per ogni chilometro di rete. In questo contesto, per contenere le perdite i gestori si occupano della manutenzione della rete, monitorandola anche attraverso la divisione in distretti idrici e piattaforme di telecontrollo.
Blue Book 2022: gli investimenti per la rete idrica in Italia
A fronte di questa situazione, dopo anni di instabilità, dal 2012 in avanti si è assistito a un cambio di passo e sono cresciuti costantemente gli investimenti da parte dei gestori idrici per migliorare la rete: solo nel 2019 le risorse spese hanno fatto un balzo in avanti del 21% rispetto a due anni prima. Il Blue Book, per il biennio 2020-2021, stima un investimento pro capite di 49 euro, in aumento del 22% rispetto al 2017 e di oltre il 47% se si guarda al 2012. Dati però lontani dalla media europea, che arriva a 100 euro per abitante.
Anche in questo caso esiste un divario territoriale. Al Centro si investe di più, in media 61,5 euro per abitante, seguito dal Nord Ovest con 56 euro e dal Nord Est con 49 euro. Il Sud si ferma invece a 26 euro pro capite. Più della metà delle risorse viene impiegata per interventi sulle condotte degli acquedotti al fine di contenere le perdite idriche (32%) e per le fognature (21%), mentre la voce di spesa che riguarda gli impianti di depurazione si ferma al 14%.
Nel Belpaese gli investimenti per il servizio idrico, ha rilevato nell’ultimo report sulla sostenibilità Utilitalia, la Federazione delle imprese idriche, sono stati per lungo tempo insufficienti e inadeguati. I cambiamenti climatici però impongono una rapida accelerazione, perché sempre più i mutamenti impattano sulla disponibilità della risorsa idrica con lunghi periodi di siccità, alternati a violente alluvioni: rendere la rete più funzionale e limitare gli sprechi, secondo Utilitalia, potrebbe permettere di recuperare 1,7 miliardi di metri cubi in più ogni anno.
Le sfide del Pnrr
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresenterà un’ulteriore stimolo per gli investimenti sulla rete idrica italiana, destinando 4,4 miliardi di euro all’ambito della tutela del territorio e della risorsa idrica, di cui 3,5 miliardi riguardano nel dettaglio le aziende di servizio idrico. In particolare sono già stati finanziati in tutto il Paese 75 progetti di manutenzione straordinaria e opere di potenziamento e completamento delle infrastrutture di derivazione, stoccaggio e fornitura primaria.
Inoltre per ottenere risorse adeguate per gli investimenti sulla rete idrica, i gestori utilizzano sempre più le opportunità della finanza sostenibile, come green bond e green loan, rileva il Blue Book nella sezione curata da Cassa Depositi e Prestiti. Un’opportunità interessante per un settore già di per sé caratterizzato da obiettivi di sostenibilità: un servizio integrato ed efficiente contribuisce al risparmio di una risorsa preziosa come l’acqua; allo stesso tempo un sistema di fogne e depurazione adeguato rappresenta un elemento di uguaglianza sociale.
Rete idrica e depurazione
In alcune zone del Paese, si scontano però ancora ritardi nell’adeguamento dei sistemi di fognatura e depurazione, tant’è che 939 agglomerati urbani, per un totale di 29,7 milioni di abitanti, sono interessati da procedure di infrazione dell’Unione europea, per la mancata o inadeguata attuazione della direttiva comunitaria sul trattamento delle acque reflue urbane. La stragrande maggioranza delle procedure d’infrazione si concentra nel Mezzogiorno (73%), dove in larga parte il servizio è gestito direttamente dai Comuni con una frammentazione che non aiuta la programmazione di interventi sul settore.
Non mancano però casi, al Centro e al Nord, di città in regola con le normative europee sulla depurazione. Il rapporto Blue Book 2022 completo è consultabile sul sito della Fondazione Utilitatis.
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