Negli anni è cresciuto l’interesse dei consumatori per prodotti e servizi a minore impatto ambientale e sono state promosse importanti iniziative per la riduzione di gas a effetto serra, come il protocollo di Kyoto ed Europa 2020.
Il tema del riscaldamento globale e del cambiamento climatico rappresenta uno degli aspetti prioritari nell’ambito della strategia Europa 2020, per la crescita e lo sviluppo economico sostenibile. Attraverso il “Pacchetto clima ed energia”, la UE ha proposto una serie di norme ed interventi per indirizzare la società europea verso un’economia a basse emissioni di CO2, tra cui la Direttiva ETS (Emission Trading System), che definisce obiettivi vincolanti di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra per i settori industriali più energivori, ovvero caratterizzati da maggiori emissioni.
Con la strategia Europa 2020, l’Unione Europea si è posta come obiettivo per il 2020 la riduzione delle emissioni di gas serra del 20% o 30% rispetto al 1990.
Di conseguenza le politiche industriali saranno influenzate nel prossimo futuro, non solo da un’opinione pubblica e da mercati sempre più attenti ai comportamenti ambientali delle imprese, ma anche da Enti Locali, orientati ad attuare sui territori politiche di sostenibilità ambientale finalizzate alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra.
Il calcolo della carbon footprint (impronta di carbonio) fa parte di quegli strumenti di cui sempre più imprese europee ed internazionali si stanno dotando per contribuire alla lotta ai cambiamenti climatici, al fine di perseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni fissati negli ultimi anni.
Cos’è la Carbon Footprint
La “carbon footprint” è la quantità di emissioni di gas climalteranti che un’azienda, un prodotto o un servizio emette durante il suo funzionamento o durante il suo ciclo di vita. Più in generale si riferisce ad un indicatore ambientale che può quantificare l’impronta di carbonio di:
- un prodotto
- un servizio
- una organizzazione
- un evento
- un qualunque sistema (dai confini definiti)
Suoi obiettivi principali sono:
- mappare tutte le fondi dirette ed indirette di emissioni di gas climalteranti all’interno dei confini definiti dell’analisi;
- misurare le emissioni attribuibili ad un singolo prodotto/servizio o azienda/organizzazione
L’unità di misura della Carbon Footprint è il quantitativo di anidride carbonica equivalente CO2eq (espresso comunemente in unità di peso tCO2e) che permette un confronto tra i differenti gas ad effetto serra in rapporto ad un’unità di massa di CO2. La CO2eq è calcolata moltiplicando le emissioni di ciascun gas serra per l’appropriato potenziale di riscaldamento globale (GWP), rapporto tra il riscaldamento causato da un GHG in uno specifico intervallo di tempo (normalmente 100 anni) e quello prodotto nello stesso periodo da un’uguale quantità di CO2 (il cui GWP è per definizione pari a 1).
Tipologie e metodologie di calcolo
La Carbon Footprint può essere di due tipi:
PRODUCT CARBON FOOTPRINT (PCF): copre l’intero ciclo di vita di un prodotto o servizio, considerando le emissioni complessive di tutte le fasi della vita del prodotto “dalla culla alla tomba”, rapportate al Global Warming Potential della CO2: la contabilità parte dalle fasi di approvvigionamento e trattamento delle sue materie prime costitutive, alla loro lavorazione e produzione del prodotto, ai trasporti fino al cliente, al suo utilizzo, allo smaltimento del prodotto a fine vita.
CORPORATE CARBON FOOTPRINT (CCF): copre l’intera attività di un’impresa o di un’organizzazione (per “Organizzazione” si può fare intendere sia Aziende o Strutture organizzative sovra-aziendali ma anche, in senso più ampio, singoli cantieri, siti produttivi, appalti, etc.)
Lo standard di riferimento – sviluppato da GHG (GreenHouse Gases )Protocol, riconosciuto a livello internazionale e adottato nella maggior parte dei paesi europei – è la norma UNI EN ISO 14064 (“Specifiche e guida, al livello dell’organizzazione, per la quantificazione e la rendicontazione delle emissioni di gas ad effetto serra e della loro rimozione”), suddivisa in tre parti che posso essere utilizzate separatamente o come un utile insieme di strumenti integrati per rispondere ai differenti bisogni in materia di dichiarazioni e verifiche delle emissioni dei gas ad effetto serra.
La Corporate Carbon Footprint (CCF) prende in considerazione tutte le fonti di emissione dell’azienda: dai combustibili usati, all’energia elettrica, ai mezzi di trasporto. La metodologia del GHG Protocol (grazie a fattori di conversione riconosciuti a livello internazionale) fornisce strumenti e metodologie necessari per trasformare i dati di consumo nelle 6 tipologie di gas climalteranti individuati dal Protocollo di Kyoto:
- Biossido di carbonio (CO2)
- Esafluoruro di zolfo (SF6)
- Metano (CH4)
- Protossido di azoto (N2O)
- Idrofluorocarburi (HFCs)
- Perfluorocarburi (PFCs)
I gas considerati sono poi ricalcolati in CO2 equivalente attraverso dei coefficienti di trasformazione. Il risultato finale della carbon footprint è quindi una quantità di CO2 equivalente che rappresenta in che misura l’azienda/organizzazione è responsabile delle emissioni di gas serra in atmosfera e quindi del cambiamento climatico.
Aree di emissione contabilizzate
Secondo lo standard ISO 14064-1 (ed in coerenza con il GHG Protocol) la contabilità inventariale di GHG viene realizzata nell’ambito di 3 diverse AREE DI EMISSIONE:
SCOPE 1 – emissioni dirette: emissioni di gas serra generate dalla sede dell’azienda/organizzazione e dai veicoli posseduti dall’azienda stessa:
- combustibili per climatizzazione e per produzione di energia;
- combustibili per veicoli aziendali (per trasporto di materiali, prodotti, rifiuti, servizi e dipendenti);
- combustibili per processo di produzione (con creazione di vapore, fluidi vettori caldi, etc);
- prodotti e sostanze chimiche/fisiche nel processo di produzione;
- altre emissioni (dette “fuggitive”, tipo emissioni di metano da depositi organici, perdite degli impianti meccanici, perdite di gas refrigeranti da impianti di climatizzazione o di raffreddamento, etc).
SCOPE 2 – emissioni indirette da consumo energetico: emissioni di gas serra derivanti dal consumo di elettricità, vapore e fluidi vettori caldi/freddi acquistati da fornitori esterni.
SCOPE 3 – [Facoltativo] altre emissioni indirette: emissioni indirette dovute all’attività di un’organizzazione (tranne le emissioni già incluse nello Scope 2). Vi rientrano sia le emissioni “a monte” del processo produttivo (energia utilizzata per realizzazione di prodotti e materie acquistate all’esterno) che quelle “a valle” causate dai beni prodotti dall’azienda durante il loro ciclo di vita. Rientrano in questa area anche il combustibile sia per veicoli non aziendali (trasporto materiali, prodotti finiti o da lavorare, rifiuti, dipendenti spostamento casa/lavoro, servizi) che per i viaggi aziendali (aerei, treni, etc).
Le fasi principali del processo
I° fase: Analisi e mappatura dell’impronta di carbonio.
II° fase: Individuazione delle possibili misure per la neutralizzazione dell’impronta di carbonio.
III° fase: Strategia e iniziative di comunicazione al pubblico dei risultati dell’analisi dell’impronta di carbonio.
Perché implementare un progetto di Carbon Footprint
Attraverso la Carbon Footprint l’impresa può:
- promuovere coerenza, trasparenza e credibilità aziendale nella quantificazione e rendicontazione della propria carbon footprint;
- aumentare la capacità di controllo sulle prestazioni dei propri processi;
- creare una baseline da cui poter monitorare il miglioramento delle performance emissive aziendali;
- intervenire nella gestione dei processi;
- migliorare la conoscenza degli impatti derivanti dalle proprie attività al fine di orientare meglio le scelte per un’efficace riduzione delle emissioni di CO2 anche ai fini legislativi;
- identificare e gestire le responsabilità, gli investimenti e i rischi relativi ai gas serra;
- elaborare ed attuare un piano di riduzione delle emissioni che, sulla base dei risultati ottenuti, conduca alla definizione di azioni di miglioramento gestionali e tecnologiche mirate alla riduzione dei costi;
- incentivare approcci e strumenti green in direzione di appalti verdi, con particolare riferimento al filone GPP (Green Public Procurement – Acquisti verdi delle PA) del Codice degli Appalti;
- rispondere alle eventuali richieste da parte degli Enti locali impegnati in programmi di riduzione delle emissioni di gas ad effetto terra, sia mettendo a disposizione una base dati specifica e verificata, sia concorrendo al raggiungimento degli obiettivi di riduzione stabiliti dall’Ente;
- migliorare e accrescere l’immagine aziendale nei confronti degli Stakeholder, sia pubblici che privati, dimostrando e comunicando il proprio impegno nella riduzione delle emissioni di CO2 generate dalle proprie attività;
- elaborare ed attuare un piano di comunicazione ambientale per rafforzare l’immagine dell’Organizzazione in un’ottica di sostenibilità, rendendo noti i risultati raggiunti al mercato ed alle parti interessate;
- utilizzare i risultati per la costruzione di indicatori di misurazione delle proprie performance ambientali aziendali, sia come strumento di CSR che come supporto e integrazione al proprio Bilancio di Sostenibilità annuale.
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