Una “fotografia verde” per misurare l’impatto ambientale di tutti i processi dell’impresa, dai consumi diretti di combustibili e di energia, fino alle fonti indirette di emissioni di gas serra, come quelle legate allo spostamento dei dipendenti casa-lavoro o all’acquisto di sostanze per il trattamento dell’acqua. È questo l’obiettivo del monitoraggio della carbon footprint di Publiacqua, l’impronta carbonica del gestore del servizio idrico integrato che serve quasi 50 comuni in Toscana, tra Firenze, Prato, Pistoia e Arezzo, per un totale di 1,3 milioni di persone.
Il monitoraggio ha comportato un lavoro lungo e complesso, durato tre anni, che ha consentito di avere un quadro preciso sull’impronta di carbonio grazie allo sviluppo di algoritmi e modelli matematici. Quantificare le emissioni complessive dà infatti importanti informazioni sugli ambiti aziendali che producono le quote maggiori di CO2 equivalente, in modo tale da poter orientare gli investimenti futuri verso una strategia green, nel contesto della lotta al cambiamento climatico.
Stima delle emissioni di CO2: algoritmi e certificazione internazionale
Publiacqua è uno dei primi gestori in Italia ad aver calcolato la propria impronta di carbonio a 360 gradi, prendendo in considerazione, per tutti i settori in cui opera, le emissioni dirette e indirette di anidride carbonica equivalente. È stato proprio quest’ultimo l’elemento più complesso da valutare. Se da una parte i consumi diretti (come l’energia impiegata per alimentare gli impianti o il carburante acquistato per le auto di servizio) sono perfettamente misurabili e monitorabili, più difficile è stimare tutto ciò che non dipende direttamente dall’azienda, ad esempio i servizi dati in appalto, il consumo di sostanze chimiche di disinfezione, lo smaltimento dei fanghi derivanti dalla depurazione delle acque reflue, ma anche i costi ambientali dello spostamento quotidiano dei lavoratori pendolari, la gestione dei fontanelli di alta qualità, la lettura dei contatori, il call center e l’impiego di carta negli uffici (su cui esiste già un progetto specifico per la riforestazione).
Per riuscire a ottenere una stima scientificamente solida di questo articolato insieme di emissioni, Publiacqua ha definito indicatori e coefficienti specifici, modelli matematici e algoritmi che si rifanno ai criteri stabiliti dal protocollo GHG (Greenhouse Gas Protocol), preso come riferimento a livello internazionale per il calcolo della carbon footprint. Una metodologia che ora sarà sottoposta alla certificazione di un ente esterno in base allo standard UNI EN ISO 14064 e che potrà essere ulteriormente implementata in futuro.
Parallelamente i risultati del monitoraggio si sono rivelati utili al fine di ottenere i finanziamenti previsti dal Pnrr per il settore idrico. I bandi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, per selezionare i progetti rivolti alla riduzione della dispersione idrica, hanno richiesto una puntale definizione dell’impatto ambientale degli interventi. Anche gli investimenti pubblici si orientano quindi verso azioni “verdi”. La stessa Arera, l’Autorità di regolazione Energia Reti e Ambiente, si sta muovendo in questo senso.
I risultati del monitoraggio della carbon footprint per Publiacqua
Dallo studio della carbon footprint 2019-2021 di Publiacqua emerge che un terzo delle emissioni deriva dall’attività di distribuzione dell’acqua (per i consumi energetici dell’acquedotto, la manutenzione e i lavori sulla rete), un quarto da quella di depurazione, mentre circa il 15% è relativo alla potabilizzazione, soprattutto per l’uso di sostanze per il trattamento dell’acqua. Solo un 7% dipende dai processi per la captazione dell’acqua e dal suo approvvigionamento e sono determinati in larghissima parte dai consumi energetici. Emergono inoltre dei trend positivi, che andranno confermati con i dati del 2022 e dei prossimi anni: tra il 2019 e il 2021, la produzione complessiva di CO2 equivalente – diretta e indiretta – da parte di Publiacqua si è ridotta dell’11%, passando da circa 106.700 tonnellate a circa 95.000 tonnellate.
A incidere fortemente su questo taglio delle emissioni sono stati in particolare gli investimenti per ridurre le perdite di acqua, grazie alla creazione di distretti idrici. In sostanza dividendo la rete in porzioni ben precise si riescono a tenere sotto controllo eventuali dispersioni e ad agire in modo mirato. Secondo le stime legate alla valutazione dell’impronta di carbonio, ogni metro cubo di acqua che non viene più disperso nel tragitto tra l’impianto di potabilizzazione e il contatore di casa permette a cascata di ridurre del 12% le emissioni di CO2 legate a tre diversi ambiti: approvvigionamento idrico, potabilizzazione e distribuzione.
Piano di corporate social responsibility
Questo tipo di analisi non ha unicamente finalità descrittive, ma anche uno scopo “predittivo”. L’identificazione degli ambiti aziendali in cui vi è maggiore produzione di emissioni dà delle indicazioni per orientare gli investimenti, permettendo di valutare i riflessi diretti sull’impronta di carbonio degli interventi futuri, così come già fatto analizzando l’impatto della riduzione delle perdite sulla carbon footprint di Publiacqua. Va infatti tenuto presente che alcune investimenti realizzati per estendere il servizio idrico possono generare nell’immediato un aumento delle emissioni, per la gestione dei cantieri, e, successivamente, un incremento delle stesse immissioni determinato dalle lavorazioni aggiuntive che vengono a determinarsi nelle infrastrutture realizzate. Un chiaro esempio di ciò lo troviamo negli interventi finalizzati ad ampliare il bacino di utenti serviti dalla depurazione delle acque reflue. L’estensione del servizio, obiettivo non rinunciabile, assicura infatti il raggiungimento di traguardi ambientali importanti quali, nel caso specifico, garantire l’immissione di acqua pulita in ambiente e quindi la tutela dei corpi idrici superficiali. Allo stesso tempo, la realizzazione di nuovi impianti ovvero l’ampliamento di quelli esistenti, da una parte, e, dall’altra, l’ampliamento dei reflui da depurare (a cui è associato, ad esempio, un aumento di consumo di agenti chimici e di energia elettrica) sono attività che necessariamente generano un incremento di immissioni di CO2. Comprendere il saldo netto determinato dal piano degli interventi diventa quindi operazione essenziale per definire azioni di miglioramento che consentano comunque una riduzione della CO2 emessa. In base ai dati del monitoraggio della carbon footprint e ai modelli in corso di sviluppo, Publiacqua è quindi al lavoro per redigere il piano di corporate social responsibility (CSR), il documento che definisce le pratiche adottate dall’impresa a favore della comunità in cui opera, in cui è centrale l’aspetto di sostenibilità ambientale. L’obiettivo è quello di approvare le linee guida nei primi mesi del 2023.
Potrebbero interessarti anche…
Siccità 2024: Italia spezzata in due
Da una parte il Nord battuto da nubifragi anche violenti e distruttivi, dall’altra il Meridione lasciato a secco per un…
Riciclo dei mozziconi di sigaretta: un progetto anti-inquinamento
Un’idea che fa la differenza e trasforma un rifiuto da smaltire in una materia prima con cui creare oggetti di…
Come l’agricoltura può usare in modo sostenibile l’acqua
È uno dei settori più idrovori. Allo stesso tempo è tra quelli pesantemente danneggiati dai cambiamenti climatici. L’agricoltura, secondo le…