Sovrasfruttate e degradate: in Europa le falde acquifere sotterranee stanno scomparendo e le poche rimaste in profondità sono vicine a essere inquinate in modo irreparabile. Oltre il 15% dell’acqua di falda è in cattive condizioni, prosciugata dai prelievi eccessivi, contaminata o entrambe le cose. Il grido d’allarme arriva da Under the surface, the hidden crisis in Europe’s groundwater, reportage realizzato da una squadra di 14 giornalisti scientifici e di inchiesta, provenienti da sette Stati dell’Unione. Un lavoro lungo cinque mesi, coordinato da Arena for Journalism in Europe e avviato da Datadista, che sarà approfondito in futuro.
Il dossier è basato da una parte sugli interventi di esperti internazionali e di scienziati, dall’altro sul monitoraggio dei corpi idrici sotterranei e superficiali che i Paesi del Vecchio Continente forniscono alla European Environmental Agency. La mappa però è limitata a 16 nazioni che hanno presentato dati completi e accessibili al pubblico. Tra i grandi assenti la Germania e l’Austria. Le stime disponibili comunque risultano più ottimistiche del vero, dicono gli analisti: i testimoni diretti interpellati durante la ricerca sostengono che la situazione è peggiore di quella fotografata dai numeri ufficiali.
Il prosciugamento delle falde acquifere è un problema sovranazionale
Da più di un secolo, in tutta l’Ue si scava sempre più in profondità per estrarre risorsa idrica, secondo la falsa convinzione che l’acqua dolce resa disponibile dal ciclo idrologico naturale sia illimitata. In realtà non è così. Gli effetti dei cambiamenti climatici uniti all’ipersfruttamento per l’agricoltura e l’industria stanno provocando un drammatico declino della quantità e della qualità di risorsa custodita nelle falde acquifere.
“Abbiamo vissuto ben al di là dei nostri mezzi per decenni, assumendo che la risorsa acqua fosse infinita – ha spiegato ai giornalisti Henk Ovink, direttore della Global Commission on the Economics of Water, gruppo di esperti che collabora con l’OCSE – le nostre azioni stanno cambiando il corso e la disponibilità dell’acqua dolce. Non possiamo più contare sul fatto che ci sia acqua a sufficienza lì per noi”. Il dossier evidenzia come il problema sia sovranazionale e riguardi l’intero sistema, non una singola realtà territoriale: il Vecchio Continente sta vivendo un momento cruciale e il punto di non ritorno per i “serbatoi sotterranei” è vicino. Uno studio della Commissione europea stima in circa 52 milioni le persone che nell’Ue e nel Regno Unito sono a rischio di scarsità idrica, di cui 3,3 milioni si trovano di fronte a una scarsità grave.
Perché l’acqua di falda è a rischio
Il primo fattore a incidere sulle falde acquifere è il mutamento del clima con l’aumento della frequenza di gravi siccità, che a loro volta vanno a impattare su un suolo già impoverito a causa dell’agricoltura intensiva e dunque meno permeabile alle precipitazioni. Il secondo aspetto dipende dalle esigenze produttive alimentari. Le colture fuori stagione hanno necessità di maggiore acqua. Inoltre, a seguito dell’impennata delle temperature e dell’incremento dei periodi secchi, i campi hanno bisogno di maggiore irrigazione. Di conseguenza vengono intensificatii prelievi dalla falda, che messa sotto pressione non ha il tempo di ricaricarsi. Il livello delle acque sotterranee così si abbassa.
Stando al reportage Under the surface i Paesi più colpiti da questo fenomeno sono proprio quelli dove la produzione agricola è più intensiva: Francia, Spagna, Belgio e Paesi Bassi. In Spagna, uno dei principali produttori europei di frutta, verdura e olio, quasi la metà delle falde acquifere è degradato, sia in termini di qualità che di quantità, mentre il 27%, è sovrasfruttato. Una questione non di facile soluzione, poiché va a incrociarsi con il tema dell’autonomia alimentare.
Il sovrasfruttamento e l’inquinamento delle falde acquifere
Analizzando la mappa pubblicata su europeanwaters.eu, in Repubblica Ceca e in Belgio le falde acquifere impoverite sono più di quelle sane. Seguono da vicino Spagna, Francia e Italia. Nel nostro Paese il 36% dei corpi idrici sotterranei è classificato come “povero”, il 61% in buono stato, mentre il 3% non è stato censito. Alla ricerca hanno partecipato anche giornalisti italiani, di Facta.eu e Il Bo Live, magazine online dell’Università di Padova, che approfondiranno l’argomento nei prossimi mesi.
C’è poi l’aspetto dell’inquinamento delle falde acquifere, legato all’uso eccessivo di nitrati contenuti in fertilizzanti, letame e pesticidi. Alcuni venivano impiegati nei campi decenni fa, tuttavia sono ancora presenti nel sottosuolo. Il problema è diffuso in tutta Europa, ma particolarmente evidente nelle zone agricole di Spagna, Paesi Bassi, Belgio, Danimarca, Francia e Italia. Oltralpe, durante gli ultimi 30 anni, sono stati chiusi 1.300 pozzi a causa di livelli irreversibili di sostanze pericolose.
La contaminazione è strettamente legata al sovrasfruttamento dei corpi idrici sotterranei: man mano che i livelli delle falde diminuiscono crescono le concentrazioni di inquinanti, anche con il rilascio nelle acque di arsenico, metallo pesante che è presente naturalmente nel sottosuolo all’interno di alcune formazioni rocciose. Tutto questo comporta l’esigenza di intensi trattamenti per rendere potabile e sicura l’acqua, con un aumento dei costi.
Cosa si può fare
Non tutto è perduto. Secondo gli esperti interpellati durante la ricerca, siamo ancora in tempo per riportare in un buono stato di salute le acque, ma dobbiamo agire immediatamente con un’azione strutturale in tutti i Paesi d’Europa e con l’inserimento della questione nell’agenda politica comunitaria. “È possibile invertire questa situazione – ha affermato Elisabeth Lictevout, idrologa e direttrice dell’IGRAC International Groundwater Resources Assessment Centre – ma nessuno vuole parlare di estrazione eccessiva o di consumo. Dobbiamo intraprendere subito azioni forti sulla gestione dell’acqua. Dobbiamo estrarre di meno. Se continuiamo così come siamo, non c’è modo di tornare indietro”.
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