L’impatto del cambiamento climatico è devastante per la disponibilità di acqua dolce potabile: la crisi in atto, riporta una ricerca di Oxfam, asseterà il pianeta acuendo i problemi che già oggi esistono nelle nazioni più povere. Nei prossimi decenni aree sempre più vaste della terra saranno colpite da una crescente carenza di risorsa idrica e questo riguarderà in particolare le regioni sottosviluppate, innescando un effetto domino. Aumento della fame, incremento delle epidemie e delle migrazioni forzate di massa. Sono preoccupanti le prospettive delineate dal dossier Dilemmi sull’acqua: gli impatti a cascata dell’insicurezza idrica in un mondo surriscaldato, pubblicato dall’organizzazione non-profit impegnata nella lotta alla povertà.
Attualmente 2 miliardi di persone nel mondo non hanno accesso adeguato alle risorse idriche e questo numero, da qui al 2050, potrebbe raggiungere i 3 miliardi, secondo le stime dell’Ong. Nei dieci Stati maggiormente interessati dalla crisi climatica si stima che la malnutrizione crescerà del 30% con la possibilità di avere fino a 216 milioni di migranti climatici. L’acqua diventerà un tesoro preziosissimo, motivo anche di guerre e conflitti. Di fronte a questa situazione, denuncia Oxfam, non sono abbastanza gli attuali investimenti dei Paesi ricchi per garantire la sicurezza idrica delle zone “calde” del pianeta.
Il cambiamento climatico e le cause della carenza di acqua potabile
Lo studio, presentato in occasione della World Water Week 2023 di Stoccolma, ha preso in esame 20 delle principali nazioni colpite dalla crisi idrica e climatica in 4 aree del mondo. Il surriscaldamento globale, incidendo sulla quantità e sull’intensità delle precipitazioni, ha dato avvio a una crisi idrica di portata epocale, dice il rapporto. “Quella che abbiamo di fronte è una delle più gravi minacce che l’umanità si trova ad affrontare e a pagarne il prezzo più alto sono già i Paesi più poveri e meno preparati, che paradossalmente spesso sono anche i meno responsabili delle emissioni inquinanti”, sottolinea Paolo Pezzati, policy advisor sulle emergenze umanitarie di Oxfam Italia.
Il cambiamento climatico sta stravolgendo il normale equilibrio del ciclo dell’acqua. Da una parte assistiamo a ondate di calore record e siccità prolungate, le più intense degli ultimi secoli, dall’altra a violente alluvioni e piogge improvvise che mettono in ginocchio l’agricoltura e privano molte popolazioni dei mezzi di sussistenza. Se le conseguenze e i danni di questi stravolgimenti sono ben visibili in Occidente, nelle zone povere del mondo stanno causando vere e proprie “guerre dell’acqua”. Oxfam evidenzia un dato allarmante: negli ultimi 20 anni i conflitti causati dalla scarsità di acqua sono quadruplicati rispetto all’ultimo ventennio del secolo scorso.
I territori più assetati del mondo
Africa orientale e occidentale, Medio Oriente e Asia sono le aree dove le conseguenze del cambiamento climatico stanno creando i maggiori problemi per la disponibilità di acqua potabile, afferma il report. E la situazione è destinata a peggiorare. La popolazione africana sta affrontando ondate di calore più intense dell’8-15% rispetto al passato e questo provoca effetti a cascata: aumento delle epidemie di malaria, cali della produttività del lavoro dell’11-15%, migrazioni di massa a causa dell’estrema povertà e della denutrizione, cambiamenti nelle culture, perdita di bestiame, conflitti armati.
L’Africa orientale, ad esempio, è interessata dalla peggiore siccità degli ultimi 40 anni, con 32 milioni di persone che soffrono la fame e la sete. “I nostri ingegneri sono costretti a scavare pozzi sempre più profondi, più costosi e più difficili da mantenere in funzione, spesso solo per trovare falde già esaurite o inquinate – racconta Pezzati – in media 1 pozzo su 5 che scaviamo oggi è già asciutto, là dove dovrebbe esserci acqua. I terreni sono aridi e dobbiamo scavare sempre più a fondo o impiegare tecnologie di desalinizzazione che a volte non funzionano, con costi sempre maggiori, proprio mentre gli aiuti internazionali per fronteggiare l’emergenza idrica stanno calando”.
In Medio Oriente entro il 2040, dice Oxfam, le piogge potrebbero diminuire fino a lasciare a secco fiumi e bacini idrici, facendo schizzare in alto i prezzi dell’acqua e aggravando l’insicurezza alimentare in territori, come lo Yemen e la Siria, spesso già attraversati da lunghi conflitti. In Iraq, uno degli Stati al mondo più vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico e che sta affrontando una siccità senza precedenti, attualmente si contano 7 milioni di persone senza cibo, elettricità e acqua potabile. Per l’Asia, il dossier segnala i rischi legati allo scioglimento dei ghiacciai e all’innalzamento dei mari, che potrebbe superare il mezzo metro entro il 2100. Un fenomeno che provocherà inondazioni e renderà inservibili molte delle falde acquifere da cui dipendono centinaia di milioni di persone, lungo i settori costieri.
Servono 114 miliardi di dollari per la sicurezza idrica
Il cambiamento climatico è solo un fattore di questa emergenza legata alla diminuzione della disponibilità di acqua potabile: Oxfam punta il dito contro i mancati investimenti nei sistemi idrici, problema che da decenni attanaglia le regioni povere del mondo, insieme a una gestione inadeguata del sistema delle acque, l’inquinamento e lo sfruttamento eccessivo delle falde sotterranee. Secondo l’organizzazione, l’anno scorso i Paesi sviluppati hanno finanziato appena il 32% dei 3,8 miliardi di dollari richiesti dalle Nazioni Unite per garantire acqua pulita e servizi igienico-sanitari adeguati nelle aree più danneggiate dalla crisi idrica, quando a livello globale servirebbero investimenti per 114 miliardi. “Le nazioni ricche e più inquinanti, non possono continuare a far finta di nulla, al contrario è cruciale che riducano immediatamente e drasticamente le loro emissioni e che aumentino gli aiuti ai Paesi più poveri e a rischio – afferma Paolo Pezzati – Siamo ancora in tempo per correggere la rotta, ma dobbiamo agire in fretta”.
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