Da una parte il Nord battuto da nubifragi anche violenti e distruttivi, dall’altra il Meridione lasciato a secco per un periodo così lungo che i temporali di fine ottobre non sono bastati a salvare intere regioni da una condizione idrica emergenziale. Durante i primi dieci mesi del 2024 siccità e alluvioni hanno “spezzato in due” la mappa dell’Italia: la testa del Paese a seguito delle frequenti perturbazioni ha recuperato il deficit accumulato dopo una lunga scarsità di piogge durata quasi 3 anni e 2 stagioni nevose fortemente ridotte, mentre in alcune località del Sud, come in Sicilia, Sardegna, Calabria e Puglia si è arrivati addirittura al razionamento dell’acqua potabile, con invasi e fiumi letteralmente prosciugati.
“Dobbiamo cercare di adattarci a questi fenomeni estremi che in Europa stanno diventando sempre più frequenti e intensi, a causa dei cambiamenti climatici e dell’aumento delle temperature: siccità e alluvioni sono due rovesci della stessa medaglia”, mette in guardia Ramona Magno, coordinatrice scientifica dell’Osservatorio Siccità del CNR-IBE, l’Istituto per la BioEconomia del Consiglio Nazionale delle Ricerche che ogni mese stila un bollettino sullo stato delle riserve idriche e delle precipitazioni.
Lo scenario nei primi 10 mesi del 2024
Nel Nord Italia le piogge sopra la media cadute negli ultimi mesi hanno portato ad appianare gli effetti su falde e bacini della lunga siccità protagonista tra il 2021 e il 2023, dice l’ultimo report del CNR-IBE, mentre al Sud persiste una drastica riduzione delle precipitazioni sul lungo periodo, con le situazioni più gravi in Basilicata, Puglia, Sardegna, Sicilia e Calabria. Proprio in queste ultime due aree, fino alla prima decina di ottobre 2024, veniva segnalata una siccità severa-estrema con zone che negli ultimi 24 mesi hanno visto ben poca acqua. Circostanze che hanno provocato gravi danni all’agricoltura e agli allevamenti, oltre a difficoltà nell’approvvigionamento potabile.
Nel Centro Italia il contesto è migliore. Le perturbazioni della seconda metà di ottobre stanno riportando in pari il bilancio nei territori in cui la siccità aveva fatto capolino durante il 2024: Marche, Lazio, Umbria e bassa Toscana. Nello stesso momento pure il Meridione è stato investito da un cambio di scenario meteorologico, tuttavia in questo quadrante il maltempo non ha risolto i problemi. “Sicuramente un apporto di acqua c’è stato – precisa Ramona Magno – ma come segnalato dal SIAS (Servizio Informativo Agrometeorologico Siciliano) e da altri enti locali, le precipitazioni non sono ancora sufficienti a riempire i bacini idrici del Sud, ridotti praticamente ai minimi termini. Inoltre, in alcuni casi, gli eventi meteo sono stati distruttivi: più che generare dei benefici hanno determinato danni”.
Siamo di fronte a masse notevoli di acqua, in Calabria ad esempio sono caduti in poche ore i quantitativi di pioggia che di solito si registrano in 4-5 mesi: soltanto una piccola parte tuttavia è stata trattenuta nel terreno ed è filtrata nel sottosuolo per rimpinguare le falde, spiega l’esperta. “Serviranno altri mesi di piogge, continue e non violente, per tornare a una situazione di normalità al Sud”. Insomma, l’autunno e l’inverno saranno cruciali.
Qual è la causa della siccità in Italia nel 2024?
Alla base di questi fenomeni estremi ci sono i cambiamenti climatici e le temperature superficiali che a settembre in Italia hanno fatto superare i valori medi anche di 1,5°C. “Ottobre è in genere un mese piuttosto piovoso. Attualmente il Mar Mediterraneo e il Nord Atlantico sono molto più caldi del normale e l’anomalia termica si trascina ormai da tempo, da molto prima dell’estate – dice la coordinatrice scientifica dell’Osservatorio Siccità del CNR-IBE-. Anche la temperatura dell’aria continua a essere sopra la media. Ciò favorisce l’evaporazione, la presenza di una quantità maggiore di vapore acqueo e quindi di energia a disposizione. Si generano così perturbazioni intense che in alcuni casi tendono a ‘ristagnare’ sulle stesse zone dell’Italia perché trovano blocchi anticiclonici a Nord o sull’Europa dell’Est”. Parallelamente l’anticiclone di origine africana è stazionato a lungo sul Sud Italia, aggravando durante il 2024 la condizione di siccità.
Al fattore climatico va affiancata la componente umana. “Lo stato non ottimale delle infrastrutture idriche del Meridione ha fatto sì che anche quel poco di acqua disponibile non venisse sfruttato a pieno – osserva Ramona Magno -. I dati ci dicono che andremo incontro a siccità con una frequenza sempre maggiore e molto prolungate nel tempo. Per questo dobbiamo agire a livello infrastrutturale, adeguare ciò che esiste già, ripulire dai sedimenti gli invasi per ampliarne la capacità, puntare sul risparmio idrico e sul riuso delle acque meteoriche e di quelle che provengono dagli impianti di depurazione”.
Un impulso a interventi di questo tipo sta arrivando dal Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, approvato a fine 2023 dal Ministero dell’Ambiente, che fissa le linee guida degli investimenti a livello locale e regionale in modo da costruire infrastrutture strategiche per l’approvvigionamento a medio e lungo termine. Una corsa contro il tempo, per stare al passo con le sfide del climate change, resa ancor più complessa dalla difficoltà di ottenere i fondi europei di finanziamento. “Certo, queste opere hanno tempi lunghi di realizzazione, è però necessario avere l’occhio lungo, vedere in prospettiva e non agire solo nell’emergenza”.
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