Cinque giorni di lavoro, 15 mila partecipanti da 193 Paesi, numerose sessioni di discussione. Dal 20 al 24 agosto 2023 Stoccolma ha ospitato la World Water Week, la settimana mondiale dell’acqua che ogni anno, da tre decenni, è dedicata agli argomenti di attualità legati alla gestione idrica. Questa edizione è stata incentrata sul tema “Semi di cambiamento: soluzioni innovative per il mondo dell’acqua”, soprattutto in relazione agli effetti dei mutamenti climatici. Climate change e approvvigionamento idrico sono, infatti, strettamente connessi tra loro.
Al summit svedese hanno partecipato delegati di organizzazioni internazionali, dagli esperti governativi ai funzionari Onu, scienziati e accademici. Tra loro l’idrologo italiano Andrea Rinaldo, che ha ricevuto il premio dell’Acqua di Stoccolma (soprannominato dalla stampa italiana come il “Nobel dell’acqua”) per i suoi studi sulle connessioni tra le reti fluviali e la diffusione di specie acquatiche, malattie e di soluti. Vediamo i tre principali temi che sono emersi dalla World Water Week 2023.
Dobbiamo prepararci ad affrontare una crisi idrica mondiale
Il grido di allarme è arrivato dal presidente dell’Assemblea generale dell’Onu, Csaba Kőrösi. Durante la World Water Week 2023 di Stoccolma ha ricordato che “stiamo correndo verso una crisi idrica. E, a meno che non cambiamo direzione, dovremo affrontare sfide serie, molto serie”. Stando al rapporto di Oxfam , presentato in occasione della settimana mondiale dell’acqua, la crisi climatica asseterà il pianeta: già oggi due miliardi di persone non ha accesso adeguato alle risorse idriche e, da qui al 2050, potrebbero salire a tre miliardi. Fra le soluzioni proposte da Kőrösi ci sono i punti fondamentali della Water Agenda, uscita dalla prima conferenza mondiale sull’acqua organizzata lo scorso marzo: la creazione di una piattaforma di cooperazione idrica tra tutti i 193 Stati membri dell’Onu e la realizzazione di una strategia condivisa a livello globale, con a capo l’inviato speciale per l’acqua delle Nazioni Unite.
“La comunità internazionale deve anche integrare le politiche sull’acqua e sul clima – ha spiegato il presidente dell’Assemblea generale – perché gran parte del modo in cui viviamo il cambiamento climatico è legato all’acqua attraverso inondazioni, siccità o malattie trasmesse dall’acqua”. La stessa World Water Week di Stoccolma fa parte di un percorso per affrontare questi temi: la prossima tappa sarà il summit in programma il 18 e 19 settembre a New York, per fare il punto – a metà percorso – sull’applicazione dei Sustainable development goals (SDG) fissati dall’Agenda 2030. Solo il 12% di questi obiettivi di sviluppo sostenibile è effettivamente sulla buona strada, ha chiarito da Stoccolma Kőrösi, che ha invitato a definire una tabella di marcia serrata per i prossimi sette anni e mezzo con un sistema di verifica dell’attuazione del piano, basato su evidenze scientifiche.
Acque reflue, da scarto a risorsa
Considerate una minaccia crescente per l’ambiente e per la salute, le acque reflue possono diventare una risorsa in chiave di economia circolare, se trattate in modo opportuno: fonti di energia, di risorse idriche e, in agricoltura, una valida alternativa ai concimi di sintesi. A dirlo è il rapporto “Wastewater. Turning problem to solution” pubblicato dall’United Nations environment programme (Unep) e da GRID-Arendal (centro di comunicazione ambientale non-profit) che è stato illustrato durante la World Water Week 2023 da uno dei suoi autori, Daniel Ddiba. Al momento le acque reflue che provengono da cucine, bagni, centri urbani, industrie e aziende agricole rappresentano un problema non di poco conto: se non trattate da sistemi di depurazione adeguati, degradano gli ecosistemi, il suolo, le fonti di acqua dolce e gli oceani. Sono responsabili di circa l’1,57% delle emissioni globali, quasi come il danno climatico generato dall’industria aeronautica.
Secondo lo studio, con le giuste politiche di gestione, le acque reflue potrebbero essere un aiuto per l’uomo e per il pianeta. Ad esempio fornire dieci volte la quantità di acqua che proviene oggi, in tutto il mondo, dai dissalatori. Sempre secondo gli esperti, creando biogas, calore ed elettricità, possono produrre circa 5 volte più energia di quella necessaria per il loro trattamento, sufficiente a coprire il fabbisogno di circa mezzo miliardo di persone ogni anno. Infine il riutilizzo di azoto, fosforo e potassio dalle acque reflue contribuirebbe a ridurre la dipendenza dai fertilizzanti sintetici per l’agricoltura, compensando il 13,4% della domanda di concimi. Per questo, secondo Daniel Ddiba, è essenziale comunicare in modo migliore i problemi relativi alle acque reflue e al loro trattamento, portando avanti approcci innovativi.
Alla World Water Week 2023 innovazione e popolazioni indigene
Proprio l’innovazione è stata una delle tematiche al centro della World Water Week 2023, fin dai “semi di cambiamento” a cui faceva riferimento il titolo dell’evento. Dagli incontri è emersa la necessità di creare interconnessioni tra persone e Paesi diversi, puntando sul dialogo intergenerazionale per confrontarsi su come trovare nuove soluzioni, invece che fermarsi soltanto a elencare i tanti problemi da affrontare. La settimana mondiale dell’acqua ha dedicato un particolare focus alle esperienze sostenibili portate avanti dalle popolazioni indigene, con le testimonianze di rappresentanti di queste comunità, provenienti da tutto il globo.
Realtà diverse, ma accomunate da una sfida che riguarda l’intera umanità: il rispetto dell’ambiente e la gestione sostenibile dell’acqua. L’innovazione può passare anche dalle conoscenze antiche dei popoli. “Per me è molto importante iniziare da dove vengo, perché penso che i sistemi di conoscenza dei popoli indigeni abbiano tutte le soluzioni di cui abbiamo bisogno – ha detto Te Huia Taylor, parte del comitato consultivo Maori del regolatore dell’acqua potabile della Nuova Zelanda (Taumata Arowai) – Stiamo, però, ignorando questo enorme corpus di conoscenze e soluzioni perché non trovano senso nel contesto occidentale”.
Proprio in Nuova Zelanda si sta lavorando per utilizzare la conoscenza delle popolazioni indigene al fine di affrontare le questioni ambientali. “Nella nostra conoscenza tradizionale esiste un percorso di flusso genealogico che l’acqua dovrebbe seguire prima di uscire in mare”, ha spiegato Te Huia Taylor. Nel Paese oltre il 90% delle zone umide è stato snaturato con lo sviluppo urbano. “Ciò sta alterando radicalmente quello che dovrebbe essere il tradizionale percorso del flusso, poiché l’acqua dovrebbe passare attraverso la zona umida prima di andare in mare – ha aggiunto -. Se riusciremo a capire che questo non solo ha un’importanza tradizionale ma anche un valore scientifico, saremo in grado di risolvere i nostri problemi di salute dei fiumi e degli oceani”. I principali interventi sono disponibili sul sito della settimana mondiale dell’acqua.
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