Dividere per controllare e gestire meglio il servizio. È questa l’idea alla base della distrettualizzazione delle reti idriche che unita alle piattaforme digitali di telecontrollo rappresenta una delle ultime frontiere di sviluppo dei sistemi di distribuzione dell’acqua. In Italia, come in altri Paesi europei, le infrastrutture tradizionali sono spesso soggette a inefficienze e a un grado ancora troppo alto di spreco di risorsa. Gli effetti dei cambiamenti climatici sul ciclo dell’acqua e il sovrasfruttamento delle falde pongono nuove sfide ai servizi idrici integrati per assicurare alla popolazione l’approvvigionamento potabile. La separazione dell’acquedotto in singoli distretti idrici rappresenta un passo cruciale verso la modernizzazione e la digitalizzazione della rete anche per ridurre le perdite.
Cosa significa in pratica la distrettualizzazione delle reti idriche
La distrettualizzazione della rete di distribuzione dell’acqua potabile consiste nella suddivisione dell’acquedotto in aree più piccole e ben circoscritte, omogenee a livello territoriale, chiamate appunto “distretti idrici”. Ciascuna porzione è delimitata da valvole che separano il flusso dai comparti vicini ed è dotata di sensori che monitorano la risorsa indipendentemente dalle altre sezioni, grazie al collegamento con sistemi digitali di telecontrollo. In questo modo, la rete non viene più vista come un’unica entità complessa e difficile da governare, ma come una serie di piccoli aree, più semplici da tenere sotto controllo e gestire, anche in remoto.
Il processo inizia con un’accurata mappatura. La grande “ragnatela” di tubazioni viene frazionata in base a criteri geografici, morfologici e infrastrutturali, considerando la distribuzione degli utenti, la topografia del territorio e lo stato degli impianti. La distrettualizzazione è possibile sia per condutture di nuova realizzazione, sia per quelle già esistenti identificando i punti cruciali per l’ingresso ed eventualmente quelli per l’uscita della risorsa. Questo tipo di lavori rientrano nelle opere finanziate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) per la digitalizzazione in ambito idrico: l’Italia si è posta come obiettivo la creazione di almeno 25.000 chilometri di nuove reti distrettualizzate entro il 2026. Negli ultimi anni molti gestori hanno previsto forti investimenti in questo campo. Per quanto riguarda Publiacqua, dal 2021 sono stati realizzati oltre 340 distretti per un totale di 4.500 chilometri di condotte telecontrollate.
I vantaggi di suddividere l’acquedotto in distretti idrici
Migliorare il servizio per gli utenti, utilizzare in modo ottimale la risorsa, individuare più velocemente e in modo più preciso anomalie di pressione e perdite: sono questi i principali vantaggi della distrettualizzazione. Grazie ai sistemi di telecontrollo, che in base ai dati dei sensori generano mappe digitali, l’acquedotto può essere monitorato nel suo insieme o nelle sue diverse porzioni, andando ad analizzare le singole informazioni geolocalizzate sulla portata erogata e sulla pressione dell’acqua, perfino le oscillazioni giornaliere dei consumi in un determinato territorio.
Questo grado di dettaglio permette alle società di gestione di modulare localmente l’erogazione in base alle reali esigenze delle aree, riducendo gli sprechi ed evitando ad esempio problemi lì dove i prelievi aumentano o diminuiscono drasticamente in determinati periodi dell’anno. Allo stesso modo, il sistema consente di circoscrivere facilmente le zone dove è presente una perdita occulta, spianando la strada a interventi tempestivi e mirati delle squadre di tecnici. In caso di rotture, la distrettualizzazione rende la rete più resiliente perché dà l’opportunità di isolare singole porzioni, senza interrompere la distribuzione su larga scala e limitando quanto possibile i disagi ai cittadini. Inoltre, l’analisi delle informazioni raccolte può dare indicazioni su eventuali punti critici su cui intervenire in modo preventivo, prima che si verifichino problemi gravi.
Insieme ai sensori che tengono sotto controllo le interconnessioni tra i distretti idrici, possono essere introdotti strumenti di smart metering, contatori intelligenti collegati alla centrale che registrano i consumi delle utenze. In questo modo i tecnici possono confrontare in tempo reale le informazioni sulla quantità di acqua potabile immessa e prelevata, determinando agevolmente il bilancio idrico. Nel complesso la distrettualizzazione unita alla digitalizzazione diminuisce drasticamente le perdite e gli sprechi, basti pensare che un intervento di riparazione tempestivo può – da solo – far risparmiare migliaia di metri cubi d’acqua. Benefici per l’ambiente che sul piano economico si traducono a cascata in una riduzione dei costi.
La digitalizzazione dell’acqua: sistemi di telecontrollo e distrettualizzazione delle reti idriche
Le nuove tecnologie aprono così prospettive inedite per il controllo delle infrastrutture idriche, che oggi possono essere monitorate con precisione dagli impianti di potabilizzazione fino all’utente finale, grazie alle piattaforme centralizzate. Un’evoluzione impensabile fino a pochi decenni fa. Non solo. La distrettualizzazione ben si presta all’integrazione con nuove tecnologie digitali: il costante flusso di dati che i sensori sul campo trasmettono al sistema di telecontrollo possono essere sottoposti all’elaborazione tramite modelli matematici predittivi e l’impiego dell’intelligenza artificiale.
In sostanza non soltanto è possibile monitorare in tempo reale le reti idriche grazie alla distrettualizzazione, ma parallelamente simulare digitalmente con un buon grado di approssimazione cosa potrebbe succedere all’acquedotto in situazioni specifiche. Un esempio è rappresentato dagli “shock” provocati da eventi meteo estremi, sempre più frequenti a causa dei cambiamenti climatici. Un altro caso è l’impatto di lavori straordinari di ammodernamento dell’acquedotto. Questo tipo di attività risulta quindi essenziale per studiare e progettare futuri sviluppi infrastrutturali.
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