Uno dei parametri più importanti nel monitoraggio della salubrità dell’acqua potabile è il valore del pH, scala di misura che indica quanto è acida o basica una soluzione. La sua variazione può infatti denotare una modifica qualitativa della risorsa idrica, oltre a influenzare insieme ad altri aspetti le caratteristiche aggressive o incrostanti del liquido. Per garantire la sicurezza dell’acqua da bere sono necessari quindi analisi costanti durante tutta la filiera, dalle fonti di approvvigionamento agli impianti di potabilizzazione fino al sistema distributivo dell’acquedotto. Il livello del pH è più alto o basso a seconda del tipo di acqua (piovana, marina, distillata, potabile, gassata, ecc.) e nel caso di quella del rubinetto il valore ideale, perché sia considerata potabile, è fissato dalla legge.
Come si misurano valori del pH: alto e basso, basico o acido
Il termine è stato coniato per la prima volta a inizio Novecento dal chimico danese Søren Sørensen per valutare l’equilibrio acido-base. La sigla pH deriva appunto dall’espressione potential of hydrogen (potenziale di idrogeno), poiché il calcolo prende in considerazione la concentrazione degli ioni idrogeno, indicati con il simbolo chimico H+ ed è definito come il “logaritmo in base 10, cambiato di segno, della concentrazione idrogenionica”. In particolare più è alta la concentrazione di ioni idrogeno H+ (ambiente acido), più alta sarà l’acidità del mezzo acquoso più basso sarà il valore del pH. Al contrario, maggiore sarà il pH, minore sarà l’acidità della soluzione.
Ecco, in sintesi, come leggere il pH, compreso in una scala che va da 0 a 14:
- pH compreso tra 0 e 7 – acido
- pH uguale a 7 – neutro
- pH da 7 a 14 – basico
Qualche esempio concreto. A differenza di quella potabile, l’acqua distillata, priva di sali minerali, e non esposta all’anidride carbonica presente nell’aria, è neutra, con un pH pari a 7. Una situazione che è quindi prevedibile principalmente a livello teorico, ma pressoché impossibile da trovare in una condizione naturale. L’aceto ha un pH acido intorno a 2, valore simile al succo di limone, mentre una soluzione creata con bicarbonato di sodio e acqua può arrivare ad avere un pH basico pari a 9.
Acqua distillata e del mare, pioggia e fiumi
La valutazione dell’acidità viene effettuata attraverso diverse modalità. La modalità più semplice e più grossolana per valutare il livello del pH dell’acqua, potabile e non, è l’utilizzo della cartina tornasole, che in base alla sua colorazione indica se il liquido è acido o basico. Lo strumento di misura invece più comunemente usato è il pHmetro, apparecchio elettronico dotato di una sonda per rilevazioni accurate.
Il pH dell’acqua presente in natura, non trattata da impianti di potabilizzazione, varia generalmente tra i valori di 6,5 e 8,5, per la presenza di sostanze disciolte e sali minerali rilasciati da rocce e terreni. Pure il contatto con l’anidride carbonica presente nell’atmosfera gioca un ruolo in questo particolare equilibrio, acidificando leggermente l’acqua. La pioggia di norma ha un pH tra 5,6 e 6,2 (sotto tale soglia si parla di “piogge acide”, causate dall’interazione con l’inquinamento atmosferico), i fiumi e i laghi tra 6 e 8, mentre l’acqua di mare in media ha un pH che varia tra 7,5 e 8,5 a seconda della salinità locale. Negli ultimi decenni il cambiamento climatico e le alte emissioni di CO2 stanno causando un’acidificazione degli oceani, ossia un calo del pH a causa dall’assorbimento di una parte di gas serra presente nell’aria.
Elevate concentrazioni di anidride carbonica determinano infatti caratteristiche acide: anche l’acqua gassata è leggermente più acida di quella liscia. In questo caso va però tenuto presente che l’acido presente nello stomaco umano è in grado di annullare il carattere acido o basico dell’acqua, in bottiglia o del rubinetto, che viene bevuta. Il corpo umano è dotato di sistemi tampone che, negli individui sani, mantiene costante il pH nel sangue (il valore ideale è compreso tra 7,35 e 7,45), e quindi l’acidità, indipendentemente dal tipo di alimenti o di acqua che viene assunto.
pH dell’acqua potabile: qual è il valore ideale di quella del rubinetto
In Italia il decreto legislativo 18/2023 fissa quanto deve essere il pH dell’acqua potabile destinata al consumo umano, oltre a definire altre soglie limite per la qualità. Per l’acqua che sgorga dai nostri rubinetti il range consentito del pH va da 6,5 a 9,5, intervallo che assicura caratteristiche qualitative e organolettiche ideali. Ecco quindi in sintesi i livelli di acidità dei diversi tipi di acqua:
- Acqua distillata – pH neutro 7
- Acqua di mare – pH tra 7,5 e 8,5
- Fiumi e laghi – pH tra 6 e 8
- Acqua piovana – pH tra 5,6 e 6,2
- Acqua potabile – pH tra 6,5 a 9,5
L’Organizzazione mondiale della Sanità considera il pH un importante elemento di valutazione della qualità dell’acqua potabile ( “parametro indicatore”), poiché il suo valore influenza molte altre proprietà: sapore, odore, trasparenza ed efficacia della disinfezione con il cloro. Tra i parametri indicatori, che non sono legati direttamente a rischi per la salute umana, ma comunque indizio della variazione qualitativa della risorsa idrica, figurano pure la durezza, ossia la concentrazione di sali di calcio, e il magnesio (link articolo magnesio). La normativa prevede costanti controlli del pH e degli altri indicatori, affiancati alle verifiche di altri parametri chimici e microbiologici. Le analisi vengono effettuate in tutti i punti del ciclo dell’acqua e sono affidate sia al gestore del servizio idrico integrato, sia alle autorità sanitarie. Oltre ai prelievi quotidiani in diversi punti di controllo, il pH viene misurato anche con strumentazione in continuo. Il singolo utente può conoscere facilmente qual è il pH di ciò che sgorga dal rubinetto, consultando l’etichetta dell’acqua potabile, pubblicata dai gestori sui propri siti internet.
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