Dalla lettura dell’etichetta di un’acqua si possono capire molte cose: comprendere che cos’è il residuo fisso è sicuramente una tra le più importanti. Poiché è strettamente legato alla quantità e alla tipologia di sali minerali presenti, la loro concentrazione può influire sulla qualità dell’acqua e, dettaglio non trascurabile, sulla nostra salute.
Che cos’è il residuo fisso dell’acqua
Come definizione generale, il residuo fisso indica la presenza di sali minerali disciolti nell’acqua. Nello specifico, misura il valore in milligrammi di sali presenti in un campione di un litro (si trova quindi espresso in mg/l), pesati dopo l’evaporazione e l’essiccamento a 180 °C. In altre parole, per misurare il residuo fisso si pesa “ciò che rimane” dopo l’essiccazione di un litro di acqua a 180 °C. A questa temperatura è infatti possibile l’eliminazione di tutte le molecole di acqua, incluse quelle trattenute più a lungo nei sali inorganici (detti idrati), ecco perché la classica evaporazione a 100 °C non è sufficiente.
Il residuo fisso indica quindi la mineralizzazione complessiva di un’acqua, che dipende dalla tipologia di rocce che ha attraversato e da altri parametri come il periodo di permanenza nel sottosuolo, il tempo di contatto tra acqua e roccia e l’eventuale presenza di gas.
Cosa contiene la nostra acqua? Perché è importante conoscere i valori del residuo fisso?
Spesso si sente parlare di acque leggere e acque pesanti. Ebbene, nel linguaggio comune questi termini fanno proprio riferimento al valore del residuo fisso presente nell’acqua che beviamo, sia essa del rubinetto o in bottiglia. Vediamo meglio però cosa significano e come interpretare al meglio questi termini, spesso utilizzati in maniera erronea.
Come abbiamo detto, il residuo fisso ci indica se un’acqua è più o meno ricca di minerali, sostanze utili ed essenziali per il nostro organismo. Tuttavia, non abbiamo bisogno tutti dello stesso tipo di acqua: la presenza di sali minerali deve essere valutata attentamente, anche a fini salutistici. La normativa per le acque destinate al consumo umano (decreto legislativo 18/2023), ovvero anche quelle che vengono distribuite tramite la rete idrica dell’acquedotto, non prevede alcun valore di riferimento per il peso del residuo fisso nell’acqua.
Classificazione delle acque potabili: oligominerali e mineralizzate
Le acque potabili vengono generalmente classificate, in base al residuo fisso, come segue:
- Minimamente mineralizzata o povera di sali: < 50 mg/l
- Oligominerale o leggermente mineralizzata: < 500 mg/l
- Mediamente mineralizzata: tra 500 e 1.000 mg/l
- Ricca di sali: > 1.500 mg/l
La maggior parte delle acque distribuite attraverso la rete idrica (ma anche quelle in bottiglia) sono classificabili come oligominerali, mentre alcune delle acque in commercio, soprattutto quelle frizzanti, sono spesso mediamente mineralizzate e con un residuo fisso che può superare i 1.000 mg/l. Ad esempio, l’acqua del rubinetto distribuita nell’area fiorentina, dopo i dovuti trattamenti di potabilizzazione, ha un residuo fisso che si aggira solitamente intorno ai 300 mg/l. Per avere un’informazione precisa, sul portale di Publiacqua nella sezione “Acqua e territorio – Intorno a te” è possibile comunque consultare, inserendo l’indirizzo di riferimento, l’etichetta virtuale dell’acqua con tutte le relative informazioni.
Tipi di sali minerali e residuo fisso: c’è un’acqua “migliore”?
Senza scendere troppo nel dettaglio delle specifiche caratteristiche e proprietà dei vari sali minerali presenti nell’acqua, è opportuno comunque fare una premessa: la loro concentrazione non determina in sé e in maniera assoluta la qualità dell’acqua. Infatti, si dovrebbe valutare un’acqua soprattutto in base ai bisogni specifici di una persona, soprattutto se sussistono particolari condizioni di salute.
Attenzione quindi a leggere le etichette senza fermarsi alle definizioni “da spot” per capire di quale acqua si ha eventualmente bisogno. Cosa contiene dunque l’acqua che beviamo? I componenti che generalmente contribuiscono a determinare il residuo fisso sono calcio, solfati, sodio, potassio, magnesio, ferro, cloro, fluoro (ma non unicamente questi). Le loro proprietà sono ben note. Ad esempio, il calcio aiuta la salute di ossa e denti, il magnesio supporta il metabolismo e la buona funzionalità dei muscoli, il ferro è una componente essenziale dell’emoglobina e così via. Tuttavia, anche quantità eccessive di quelle sostanze generalmente riconosciute come “benefiche” possono causare problemi di salute.
Non esiste quindi un’acqua universalmente ritenuta “migliore”. È invece importante ricordare che un organismo ritenuto sano è in grado di regolare in maniera autonoma il proprio equilibrio idrico. Generalmente quindi, l’acqua del rubinetto, sottoposta costantemente ad attenti controlli, risponde perfettamente alle esigenze di apporto di sali minerali di un adulto in salute. Per questo, se il proprio Comune definisce come potabile l’acqua che fuoriesce dal rubinetto di casa, quest’acqua sarà ottima da bere per la maggior parte delle persone. Ci si può quindi fidare ma rimane sempre importante controllare l’etichetta dell’acqua pubblicata online, per valutare se i valori del residuo fisso e degli altri parametri chimici sono ottimali per le singole esigenze di salute.
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