La pandemia ha modificato il modo di intendere il lavoro agile. Considerato fino a poco tempo fa una misura eccezionale, questa tipologia di impiego a distanza sta diventando strutturale e riveste oggi un ruolo cruciale nelle politiche di conciliazione vita-lavoro. A livello nazionale un protocollo nazionale ha fissato le regole fuori dall’emergenza sanitaria, intanto alcune grandi aziende hanno già ripensato l’uso di questo strumento. Tra loro figura anche Publiacqua, che – dopo il progetto pilota sullo smart working partito nel 2018 – ha adesso aggiornato gli accordi sindacali sul tema.
Com’è cambiato il lavoro agile
Siglata nel settembre 2020 e poi aggiornata nel marzo 2021, la nuova intesa permette ai lavoratori Publiacqua di richiedere fino a tre giorni di smart working ogni settimana, in base alle esigenze produttive stabilite dai responsabili dei diversi settori. Le giornate sono state triplicate rispetto al progetto sperimentale di quattro anni fa.
A differenza di un semplice telelavoro, le attività vengono organizzate in base a obiettivi da raggiungere e a indicatori di performance, in modo da monitorare la produttività. I dipendenti devono garantire una reperibilità in due fasce orarie (10-12 e 14-16), ma negli altri momenti della giornata possono organizzarsi autonomamente per raggiungere i traguardi fissati dai responsabili. Da parte sua l’azienda fornisce tutti gli strumenti tecnologici necessari, dal computer portatile allo smartphone, mentre chi opera da casa deve avere una connessione internet.
Questo tipo di lavoro maggiormente flessibile, che consente di venire incontro ai tempi della vita familiare, è sempre più utilizzato. Allo scorso 30 giugno sono stati 207 i dipendenti di Publiacqua che hanno chiesto lo smart working, il 30% circa del totale. Si tratta di una buona percentuale visto che grossomodo la metà del personale non può operare da remoto, per la natura stessa dell’attività: dagli operai ai tecnici che agiscono sul campo fino agli analisti di laboratorio. Il 56% di chi ha fatto domanda ha richiesto due giorni di lavoro agile a settimana, il restante si distribuisce equamente tra uno e tre giorni.
Il primo progetto di Publiacqua per lo smart working
Questo è solo l’ultimo risultato di una riflessione partita ben prima che il tema del lavoro agile divenisse di stretta attualità, a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Nel 2018 Publiacqua è stata una delle prime aziende di servizio toscane a siglare un accordo con le organizzazioni sindacali sullo smart working. Allora il progetto pilota coinvolse una ventina di persone, con un giorno a settimana di lavoro agile da svolgere da casa o dalla sede aziendale per chi non era dotato di connessione web.
Con lo scoppio dell’emergenza sanitaria è poi scattato lo smart working massivo, cinque giorni su cinque, che ha coinvolto il 55% dei dipendenti, tutti quelli interessati da un impiego replicabile in remoto. Nonostante le criticità, la pandemia in questo ambito è stata da stimolo per lo sviluppo di nuovi servizi online per gli utenti, come lo sportello digitale: la video consulenza in collegamento diretto con un operatore di Publiacqua che è in funzione tutt’oggi.
Conciliazione vita-lavoro
L’accordo successivo risale al settembre 2020, con l’innalzamento da uno a due giorni di lavoro agile a settimana. Infine l’intesa del 18 marzo 2021 ha definito le linee guida per il lavoro agile post-emergenza, valide fino al 31 dicembre 2023, prevedendo la possibilità di lavorare in smart working fino a 3 giorni a settimana. Lo smart working fa parte della politica portata avanti da Publiacqua per la conciliazione vita-lavoro che si unisce ad altre misure previste dal welfare aziendale, ad esempio il voucher asilo destinato ai dipendenti con figli iscritti ai servizi per la prima infanzia o alla scuola materna.
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