I cambiamenti del clima mettono a rischio le riserve di acqua, a causa della crescita dell’incidenza di periodi di intensa siccità con temperature sopra la media, alternati a fenomeni estremi come le alluvioni. Tutto ciò si ripercuote sul naturale ciclo idrogeologico, riducendo la disponibilità di risorse per l’uso potabile, agricolo e industriale. Se i mutamenti climatici avvengono in modo veloce, i tempi di adattamento del territorio sono più lunghi e per questo servono investimenti nel brevissimo periodo mirati alla resilienza idrica.
Fatto ribadito da uno studio pubblicato il 7 maggio 2024 dal Laboratorio Servizi Pubblici Locali – Ref Ricerche che evidenzia la necessità, per affrontare questa sfida epocale, di infrastrutture “a prova di clima”, al fine di rendere resiliente il servizio idrico, parallelamente alla creazione di una nuova governance integrata dell’acqua. Un assetto che permetta quindi di stabilire le priorità per gli investimenti strategici, le linee guida per la sicurezza idrica italiana e un costo adeguato dell’acqua, che funga da catalizzatore dei finanziamenti per gli interventi strategici.
La valutazione del rischio climatico: l’Europa verso un livello catastrofico
Le conseguenze dell’incremento delle temperature sono ormai evidenti, soprattutto nell’area del Mediterraneo, definita dagli esperti come un hot-spot planetario degli effetti delclimate change. Qui, più che altrove, i mutamenti sono repentini e stanno avendo un impatto maggiore. La zona mediterranea nei prossimi anni sarà il territorio più colpito da episodi siccitosi, secondo le proiezioni contenute nel sesto rapporto di valutazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), con un inaridimento che si attesterà tra il 10 e il 20%.
Senza interventi urgenti e decisivi, il rischio climatico in Europa, già a “livello critico”, potrebbe diventare “catastrofico”, dice l’Agenzia europea dell’ambiente (EEA) nella prima edizione dell’European climate risk assessment. Prendendo in considerazione la situazione in Italia, l’ultimo rapporto ISPRA sul Bilancio idrologico nazionale ha mostrato quali conseguenze devastanti possa avere sull’approvvigionamento idrico un’intensa siccità come quella registrata nel 2022, la terza per gravità e persistenza nel nostro Paese dal 1952 a oggi.
Proprio durante il 2022 la disponibilità di acqua ha raggiunto il minimo storico in Italia (67 miliardi di metri cubi in un anno), con un crollo del 50% rispetto alla media 1951-2020. I distretti più colpiti dal deficit sono stati quelli della Sicilia (–80,7%), della Sardegna, (–73%) e del Po (–66%). Nel contempo, con la crescita delle temperature a livelli record, è aumentata l’evapotraspirazione: nel 2022 quasi il 70% dell’acqua caduta con le piogge è evaporata. Il valore massimo dal 1951 ai giorni nostri.
Resilienza idrica: come la gestione dell’acqua può adattarsi al cambiamento del clima
Manutenzione e ammodernamento delle infrastrutture esistenti, creazione di nuove opere per rispondere alle nuove sfide climatiche e la definizione di un assetto di governo per la gestione ottimale della risorsa. È questa la via indicata dall’analisi di Ref Ricerche per la resilienza idrica in Italia. Sul fronte dei finanziamenti, il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha stanziato quasi 4 miliardi di euro per il rinnovamento delle infrastrutture, dalla riduzione delle perdite alle soluzioni per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento. Il Piano Nazionale di Interventi Infrastrutturali e per la Sicurezza del Settore Idrico (PNIISSI) è invece più incentrato sull’approvvigionamento primario. Nonostante siano state ammesse richieste per un importo di oltre 13,5 miliardi di euro, fa notare il dossier, ancora non è stato deliberato l’ammontare delle risorse disponibili. Le domande approvate sono state 562, legate principalmente a progetti per migliorare la rete di distribuzione, per l’adduzione della risorsa, per la potabilizzazione e l’interconnessione tra acquedotti.
Un ruolo chiave è giocato dalle tariffe in base al principio del full cost recovery: la totalità dei costi del servizio deve essere coperta dalla componente tariffaria. Secondo Ref Ricerche il prezzo dell’acqua deve incorporare pienamente il valore della risorsa e fungere “da segnale relativo alla sua scarsità” in modo tale da “realizzare il benessere sociale, tramite la promozione di comportamenti virtuosi e incentivando quelli efficienti”.
Il prezzo dell’acqua e gli investimenti per resilienza del servizio idrico
Proprio l’incremento del costo dell’acqua negli ultimi anni ha permesso un balzo degli investimenti in Italia. Quelli compiuti dai grandi e medi gestori idrici integrati tra il 2012 e il 2023 sono più che raddoppiati, passando dai circa 33 euro investiti per ogni abitante nel 2012, ai 70 euro pro-capite dell’anno scorso. Una cifra che ha fortemente ridotto il distacco dalla media europea, fissata a 82 euro per abitante, sebbene rimanga un forte divario tra Nord e Sud Italia (fonte Blue Book 2024).
Sempre Ref Ricerche in un approfondimento pubblicato lo scorso 17 ottobre, ha messo in evidenza come gli standard di “qualità tecnica” dettati dall’ARERA abbiano dato un impulso alla programmazione di nuove azioni per migliorare la sicurezza e la continuità del servizio e ridurne l’impatto ambientale. Di recente ai macro-indicatori già previsti (M1, M2, M3, M4, M5, M6 per monitorare i diversi aspetti, dalle perdite alle interruzioni, dalla qualità della risorsa erogata a quella dell’acqua depurata) se n’è aggiunto uno nuovo. L’ARERA con la deliberazione 637 del 2023 ha introdotto il macro-indicatore M0, relativo alla Resilienza idrica.
Una nuova governance dell’acqua per far fronte alle sfide del clima
Accanto alle nuove infrastrutture a prova di clima, Ref Ricerche segnala inoltre l’urgenza di ripensare l’assetto di governo dell’acqua, con un sistema di regolazione che non sia più legato soltanto a situazioni di emergenza (come il Commissario Straordinario per la siccità), ma fondato su un approccio complessivo e integrato tra livello nazionale e locale. I ricercatori indicano prima di tutto l’esigenza di un’autorità indipendente centrale, che definisca regole organiche e che vigili sul comparto. La finalità è di garantire a tutti l’accesso a una risorsa sicura e di qualità, anche durante periodi di siccità o di stress climatico, assicurando pure la sostenibilità ambientale della gestione idrica, ad esempio con la salvaguardia degli ecosistemi e la riduzione della carbon footprint da parte degli operatori del settore.
Accanto all’autority nazionale servono enti tecnici locali per ogni bacino idrografico in grado di monitorare in modo puntuale la situazione e i bisogni del territorio di riferimento. Infine, parallelamente alla governance, la presenza di gestori industriali locali può consentire lo sviluppo di economie di scala per un miglioramento dell’efficienza.
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